In Calcio

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo di Massimiliano Mostes, ingegnere biomedico genovese prestato per passione al commento e alla narrativa calcistica. È un bello stralcio di sport e di vita: un acquarello dai colori inconfondibili e nordeuropei  che simboleggia, pur nella apparente semplicità di un incontro la vera forza dello sport e la sua straordinaria capacità di aggregazione.

Di Massimiliano Mostes

Cork, un pomeriggio di gennaio come tanti. Pioggia incessante, cielo impenetrabile, vento della minima intensitá necessaria per distruggerti l’ombrello. Uno di quei momenti in cui ti chiedi perché l’Erasmus non sei andato a farlo a Barcellona, o ai Caraibi. Uscito dall’universitá mi viene in mente di avere il frigo desolatamente vuoto. Una buona volontá che non sapevo di avere mi spinge fino in centro cittá. A piedi venti minuti buoni, sotto l’acqua lunghi come la notte di Istanbul per un milanista.

La pioggia esagera, decido di entrare da qualche parte per asciugarmi e aspettare che si calmi. Mi ritrovo cosí in un locale poco illuminato e semi-vuoto, ordino da bere e mi siedo al bancone. A fianco a me un tizio sulla cinquantina dallo sguardo annoiato, davanti a lui una Guinness, inseparabile compagna di quei pomeriggi. Iniziamo a parlare, di banalitá piú che altro, il mio inglese non permette virtuosismi. Dopo dieci minuti buoni mi fa la classica domanda: “Da che parte dell’Italia vieni?” “Genoa, north-west, on the sea”. D’un tratto gli occhi del mio interlocutore si risvegliano dal torpore, “Ci sono stato”, afferma. Pensai al solito tour d’Italia che fanno i nordeuropei, Firenze, Roma, magari Venezia. No no, dice lui, “The Ferraris, 1990 World Cup“. Curioso, la mia memoria storica ricordava solo partite della fase a gironi, del gruppo di Brasile, Scozia, Svezia e della Costa Rica di Medford. Ma la mia memoria falliva, perché Genova ospitó pure un ottavo, il 25 giugno 1990, Irlanda – Romania.

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Senza badare molto alla sintassi, inizio a fargli una miriade di domande. A un certo punto mi risponde “North gradinata”, e scorgendo il grifone sul mio scaldacollo, lo indica sorridendo. Inizia a raccontarmi di quel giorno, di quanto caldo facesse per lui, abituato a tutt’altro clima (non fatico a crederci); di sua moglie e suo figlio, assieme a lui allo stadio quel giorno; di Packie Bonner, eroe nazionale parando l’ultimo rigore rumeno; della festa successiva al rigore di David O’Leary, anche se lui, da buon tifoso del Tottenham, lo odiava perché giocava nell’Arsenal; del bagno in una certa “Piazza The Ferraris” (tutti uguali i nomi di questi posti!); di quel simbolo che avevo sul collo, al centro di una bandiera mezza rossa e mezza blu che sventolava fiera nella selva di tricolori irlandesi.

Poco importa che cinque giorni dopo Cascarino e compagni verranno battuti all’Olimpico dagli azzurri di Vicini. Quel pomeriggio d’estate di 25 anni prima rimarrá per sempre nel suo cuore.

Pago, saluto, ricomincia la doccia. Forse, in fondo, questo posto non é cosí male.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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