In Calcio, Marketing Sportivo

Sui giornali italiani, e più in generale europei, si parla molto di campionati sul punto di esplodere e diventare attrattivi per tifosi e sponsor. La globalizzazione è esplosa anche nel mondo del pallone con investitori facenti parte fino a ieri di quella che era considerata la periferia del mondo calcistico. Se questo processo di gentrificazione applicata al calcio ci porterà ben presto a interessarci in maniera sostanziale, e non  solo per pura curiosità, al campionato cinese o alla lega statunitense è presto per dirlo. Di certo un primo risultato è stato raggiunto: questi paesi si sono, come dicono negli Stati Uniti, messi sulla mappa. Quanto fatto non basta a richiamare appassionati e tifosi, perchè sarebbe utopico pensare di creare un movimento dall’oggi al domani, ma basta a richiamare sponsor e tutti quelli che ruotano attorno al mondo del marketing. D’altronde dove c’è un prodotto da promuovere lì fioriscono strategie pubblicitarie e di marketing in tutte le loro forme.

Logo Liga Messicana

La Liga Messicana: l’ evoluzione del calcio messicano

Quello che però sembra mancare a campionati come quello cinese o la MLS statunitense è la progettualità. Non basta acquistare santoni del football (o estemporanei talenti) a fine corsa per creare un appeal forte. Questi campionati sembrano destinati a non diventare mai niente più che cimiteri per elefanti, elefanti che forse nessuno vuole vedere. Gli Stati Uniti hanno già visto fallire le loro leghe di “soccer” professionistico svariate volte e il calo delle presenze registrato fino ad ora negli stadi non autorizza all’ottimismo.

Con buona pace di Donald Trump a sorpresa però un modello positivo e percorribile arriva dall’altra parte del (per ora fortunatamente solo metaforico) muro.

Il boom della Liga Mexicana

La Liga Mexicana nell’ultimo anno ha avuto una percentuale di spettatori inferiore solo a Premier, Bundesliga e Liga spagnola. Un numero di spettatori ben superiori a quelli della nostra Serie A eppure il fatto pare passato sotto silenzio perchè, a parte il francese Gignac, nessun europeo di medio-alto livello ha scelto il paese di Frida Khalo per il proseguio della carriera.

Cosa spinge allora un numero così ampio di tifosi a riempire stadi e in generale a prestare tanta attenzione al campionato? Il caso messicano ci dice quello che in fondo abbiamo sempre sospettato: se è vero che non basta un nome di spicco a creare passione (se domani Tom Brady arriva in Italia non è che tutti andiamo a comprare elmetto e palla ovale) è altresì vero che un movimento può fiorire anche prescindendo dall’acquisto di un esotico e costosissimo testimonial.

Gignac, un campione della Liga Messicana

Gignac, un campione della Liga Messicana

A muovere tutto questo è, un pò come nei campionati minori nostrani, una dose di sano campanilismo che anche in Messico è ben presente e permette di scaldare match come quello tra l’America, squadra della capitale che negli anni ha contato gente come Zamorano, Claudio Lopez o El Loco Bielsa in panchina, e il Chivas Guadalajara che punta tutto sul patriottismo per avvicinare i suoi tifosi, mostrando orgogliosamente il suo undici tutto cresciuto dentro i confini messicani.

I soldi ci sono e sarebbe ingenuo credere che si possa prescindere da questo. Gignac, attaccante francese del ricco Tigres, origini gitane e esultanze da manga su un corpo non per forza marmoreo, si dice guadagni sui quattro milioni ma non ci sono fonti ufficiali in merito. Ma l’evoluzione del calcio messicano non si limita a questo. Le società hanno cambiato in questi anni registro, rinunciando ad assicurarsi gli ultimi squilli a peso d’oro dei Ronaldinho per puntare su allenatori preparati e calciatori che vadano ad aumentare la qualità della classe media del campionato. Non più un singolo fuoriclasse per squadra ma almeno cinque sei buoni giocatori agli ordini di un allenatore capace come Paco Jémez arrivato dopo una solida carriera sempre a metà classifica in Spagna.

Il Calcio e le partite Online

Il confronto con gli Stati Uniti, in piena crisi di identità è impietoso. La nazionale a stelle e strisce prende sonore scoppole dai messicani e nelle coppe i club della Mls fanno fatica a reggere la maggior preparazione tattica e la freschezza atletica dei messicani. Il Guardian (poi ripreso anche in Italia in un bellissimo articolo su Rivista Undici) ha pubblicato sul suo sito un mini documentario: Futbolistas Migrantes. Nel documentario si ascoltano le voci di alcuni professionisti che hanno preferito salutare gli Usa per tonare nel proprio Paese senza Trump e senza salary cap.

Dal 2012 è cambiata la formula che spezza il campionato in “apertura” e “clausura”. Questo ha aperto una vera battaglia sui diritti televisivi con tanto di entrata in campo di Murdoch e della sua Fox .

Le partite sono anche online grazie alla possibilità di acquistare dei League Pass in tutto e per tutto simili a quello ben conosciuto dai tifosi Nba. Ci sono poi abbonamenti per i più poveri e c’è anche Facebook. Zuckenberg ha comprato un pacchetto di partite e le distribuisce gratis e con commento in inglese a tutti aprendo ancora di più le possibilità di aprirsi a un pubblico giovane e che parla più lingue.

Beffa delle beffe la maggior parte degli spettatori della liga vengono dal Nord America dove il campionato messicano è il campionato straniero più visto in assoluto e la Super Coppa si gioca sul suolo statunitense. Quando Vasco Rossi cantava “Vado al massimo! Vado in Messico” forse aveva capito già tutto, con buona pace di Donald Trump

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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