In Marketing Sportivo, Sponsorizzazioni Sportive

Come è cresciuta negli ultimi 50 anni la sponsorizzazione sportiva: dalle aziende del tabacco a Los Angeles 1984

Molto spesso in queste pagine, per ragioni evidenti visto il core business della nostra agenzia, si è trattato di sponsorizzazioni MotoGP, e di casi di eccellenze all’interno dell’arena dello sports marketing. Talmente tanti e tali sono oggigiorno gli esempi illustri di buona applicazione della disciplina, che si omette talvolta di sottolineare la straordinaria parabola che lo stesso marketing sportivo sta tracciando all’interno del macrosistema del marketing e della comunicazione in generale.

Benché sia evidente ai più, specie grazie alla massiccia esposizione ai grandi eventi sportivi come i Campionati Europei (che vanno in scena proprio nel momento in cui si scrive) e le Olimpiadi, che la sponsorizzazione sportiva è in continua crescita, è nella forza dei numeri che si trova il vero dato di successo di questo strumento. Specie se incastonato nella grande cornice degli anni di recessione e difficoltà, il marketing sportivo si è dimostrato -a livello di crescita anno su anno- sempre più spesso l’oggetto della decisione strategica delle aziende a livello mondiale. Un report di IEG dedicato all’argomento (2013 Sponsorship outlook) mostra con chiarezza che negli anni subito successivi alla crisi economica, quindi dal 2008 al 2012, la spesa in sponsorship è cresciuta anno su anno di almeno tre punti percentuali, una velocità quasi doppia rispetto all’advertising e più che tripla rispetto alla spesa in sales promotions. È poi sempre il medesimo documento a mostrare che, in questo spirito di crescita, siano le zone dell’Asia e del Pacifico a guidare la cavalcata, con una crescita rispetto all’anno precedente di ben il 5%, quasi doppiando il 2,8% dell’Europa e il 2,6% americano.

La crescita vertiginosa delle sponsorizzazioni sportive: gli anni’70

Tornando all’oggetto iniziale di queste righe, le radici storiche della crescita vertiginosa della sponsorizzazione sono con buona probabilità da andare a collocarsi alla metà degli anni ’70, sebbene realtà voglia che la pratica della sponsorship risalga addirittura ai tempi dell’antica Grecia.  È proprio nel 1971 che, in Europa ed in America, le grandi companies del tabacco e delle bevande alcoliche subiscono lo smacco di un primo fermo legislativo per quello che riguarda la pubblicità “in chiaro” dei loro prodotti. Mentre negli anni antecedenti sigarette ed alcolici potevano essere reclamizzati senza tema attraverso billboard, spot radio e TV e altri strumenti promozionali, dal 1971 le autorità impediscono alle aziende i cosiddetti “Direct Advertising Channels”.

In cerca di una soluzione per il loro marketing, specialmente le grandi aziende del tabacco hanno la necessità di trovare un veicolo alternativo e strategicamente vincente per continuare a mostrare -e vendere- i loro prodotti al grande pubblico di massa. La scelta, dopo diverse ricerche di mercato, ricade sulla sponsorizzazione dei principali sport motoristici, che con le medesime companies condividono valori di forza, spericolatezza, virilità e fascino.

Senza pensarci due volte, la quasi totalità delle spese di marketing dei produttori di sigarette va a travolgere il mondo delle corse a due e quattro ruote, segnando un trend talmente veemente nell’industria da catalizzare l’attenzione anche di altre industrie al di fuori dell’area del tabacco. Mentre infatti aziende come Philip Morris e British American Tobacco vedono le loro vendite impennarsi grazie alla sponsorship, anche altri settori (segnatamente il bancario, l’assicurativo e infine le telecomunicazioni) decidono di ripercorrere le medesime tracce, sfruttando strategie di comunicazione simili.

Sponsorizzazioni MotoGP e Sponsorizzazioni Formula 1: l’apice negli anni’ 80

La fine degli anni ’80 e gli anni ’90 segnano l’apice della sponsorizzazione del tabacco, tanto che si calcola che nel 1997 la spesa complessiva del settore nelle sponsorizzazioni sportive sia di ben 195 milioni di dollari, di cui più del 95% investite nel motorsport, segnatamente Formula 1 e MotoGP (allora motomondiale classe 500cc). L’avventura del tabacco nelle sponsorizzazioni MotoGP termina ufficialmente e definitivamente nel 2010, quando con il “tobacco ban” la FDA mette il veto sulla sponsorizzazione di sigarette in tutti gli eventi sportivi, seguendo un trend cominciato un lustro prima grazie alle azioni della FIA e di Dorna.

Ormai però la capacità e la forza della sponsorizzazione erano chiare ben oltre i settori dei trinciati da fumo e decine e decine di companies avevano scelto la strada dello sport per la loro comunicazione. Invischiate in un ADV tradizionale pervaso da un sovraffollamento feroce (ogni individuo riceve più di 3000 stimoli pubblicare al giorno), da costi per l’acquisto di spazi media sempre crescenti e dal costante incremento di supporti di comunicazione dedicati allo sport, tutto il mondo del business aveva ormai intrapreso la via dell’avvicinamento alle grandi property sportive per raggiungere in maniera più efficace il proprio pubblico.

Dall’altra parte dell’oceano intanto, nello stesso decennio in cui le sponsorizzazioni del tabacco imperversavano sulle livree delle macchine e delle moto più veloci del mondo, prendeva forma un altro evento che avrebbe cambiato per sempre il mondo del marketing sportivo.

Il caso olimpico

I giochi olimpici del 1984, organizzati nella città di Los Angeles, divennero infatti il primo caso di Olimpiadi finanziate completamente da fondi privati dal Comitato Olimpico (nello specifico il Los Angeles Olympic Committe, LAOOC). Nel tentativo di ridurre il clutter pubblicitario e per massimizzare l’esposizione degli sponsor, il LAOOC decise per la prima volta di limitare a 30 il numero degli sponsor olimpici introducendo il concetto (oggi fondamentale) di esclusività di categoria merceologica. Ciò che per noi tutti oggi è piuttosto scontato, ovvero che non debbano coesistere all’interno della stessa property sponsor che producano lo stesso manufatto o che erogano lo stesso servizio, era in realtà un concetto molto distante per la realtà dell’epoca, in cui un gran numero di sponsor si ammonticchiavano l’uno sull’altro senza particolari ragioni o strategie.

Riducendo il numero di sponsor a soli 30, il LAOCC obbligò ciascuno dei partner della manifestazione a pagare una somma molto superiore di danaro, ma garantendo una copertura e un pacchetto di benefit senza precedenti. Sgombri dal sovraffollamento e lontani dalla concorrenza, i 30 sponsor delle Olimpiadi dell’84 ottennero un ritorno senza precedenti, consolidando un assioma importantissimo del mondo del marketing sportivo, ovvero che il semplice “esserci” non è sufficiente se non corroborato da una importante strategia di massimizzazione e di visione a trecentosessanta gradi. Da questa esperienza venne coniato il titolo di “Corporate Partnership”, a sottolineare la natura di tutte quelle collaborazioni fra sport ed aziende mutualmente utili ad entrambe le parti. Infine, ai 30 già citati sponsor, venne per la prima volta concesso in esclusiva il diritto di produrre prodotti legati in esclusiva alla manifestazione. Era ufficialmente nato il licensing moderno, così come lo conosciamo ora.

Ma c’è di più

Oltre ai già citati esempi dell’industria del tabacco e delle Olimpiadi del 1984, altri fattori hanno contribuito alla crescita esponenziale del mercato della sponsorizzazione sportiva. Per citarne solo alcuni:

  • Un numero sempre crescente di canali tematici, magazine e supporti dedicati allo sport e ai suoi protagonisti, che garantiscono una copertura mediatica eccellente.
  • Sviluppo di tecnologie sempre più avanzate, che consentono di operare sul cosiddetto second screen, massimizzando le possibilità di engagement degli sponsor in tempo reale.
  • Lo sviluppo dell’industria dei videogiochi, che ha trovato in alcuni dei suoi titoli più importanti un connubio oramai irrinunciabile con il mondo dello sport e della sponsorizzazione (si pensi a titoli quali FIFA, NBA2K, F1 o Madden).
  • La ormai totale globalizzazione dello sport, che ha raggiunto attraverso le sue leghe più prestigiose (come la Premier League, la NBA, la NFL o il Campionato del mondo di Formula 1 e di MotoGP) ogni angolo del globo, consentendo agli investitori di usufruire di piattaforme di comunicazione trasversali e dalla portata planetaria.
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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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