In Marketing Sportivo

Sports Marketing: Quando sono i brand a tornare (con i soldi) a scuola, RTR SportsWhiteland, Indiana, è la tipica cittadina americana: tanta campagna, case in legno a due piani con l’altalena in giardino, i pickup rossi Ford parcheggiati nei vialetti d’accesso. Cosa c’entri questo con il marketing sportivo e con il branding è presto detto.

Pochi giorni fa il distretto scolastico di Whiteland, il Clark-Pleasant Community School Corp. (CPCSC), ha annunciato di volere raccogliere 3 Milioni di dollari in sponsorizzazioni sportive per finanziare l’ampliamento e il rimodernamento delle strutture. Gli sponsor potranno scegliere un gran numero di supporti e piattaforme di comunicazione, che spaziano da banner sul sito internet fino alla end zone del campo da football della squadra della scuola, oltre a numerosi benefit e possibilità di attivazione ed eventi spin-off[1].

Con il ricavato, il complesso scolastico prevede di ampliare lo stadio per il football, di costruire un edificio che conterrà ufficio stampa e hospitality box e di rifare tutte le strutture per l’atletica, il baseball e il softball.

Ciò che da noi, non solo in Italia ma in tutt’Europa, è per una scuola un progetto utopistico -ovvero quello di attivare partnership con i privati per far fronte ad esigenze strutturali- negli Stati Uniti è già realtà. Whiteland infatti non è il primo liceo ad attivare programmi di sport sponsorship.

Sports Marketing: Quando sono i brand a tornare (con i soldi) a scuola, RTR SportsNel maggio di quest’anno, PlainsCapital Bank, un istituto di credito statunitense, ha investito 3 Milioni di dollari per vedere intitolati a proprio nome tutti i complessi sportivi del College di Lubbock[2]. Parimenti nel 2007, l’operatore telefonico T-Mobile, in partnership con il giocatore NBA Dwyane Wade ha speso 150,000$ per ristrutturare da cima a fondo il campo da basket dell’High School di Richards[3].

Sono somme ingenti, è evidente, ma con ritorni importanti sia in ambito locale (appartenenza ad una comunità, condivisione di valori, sostegno all’educazione e allo sport), sia in ambito nazionale.

Gli esempi di Whiteland, di Lubbock e di Richards sono la cartina di tornasole della bontà e dell’efficacia della sponsorizzazione sportiva a tutte le latitudini.  Lo sports marketing si sta dimostrando infatti uno strumento che permette alle aziende di superare le principali problematiche poste dal mercato odierno e dal mutato atteggiamento dei consumatori che non sopportano più di essere interrotti. E ciò è vero in tutti i campi.

Cosa spinge infatti una banca, o un operatore telefonico, a legarsi alle strutture sportive di un college o di un liceo? L’elenco è lungo, complesso e non è detto che le ragioni siano visibili così in superficie.

Sports Marketing: Quando sono i brand a tornare (con i soldi) a scuola, RTR SportsPrima di tutto, sponsorizzando il campo o la squadra di una scuola, un brand si riveste dei valori positivi legati alla pratica sportiva ed ai significati positivi dell’educazione stessa; questo  in un Paese, gli Stati Uniti, in cui scuola e sport vanno di pari passo.

In secondo luogo, tramite una patrnership come quella di Whiteland, un’azienda si lega a doppio filo ad una comunità  ribadendone  l’appartenenza e  guadagnandosene l’affetto e la riconoscenza – (che dimostrerà quando deciderà sui prossimi acquisti/consumi)

Infine, la pura visibilità, che non coinvolge solo i quasi 6,000 studenti dell’istituto[4], ma che si genera attraverso le trasmissioni TV,  gli articoli e le immagini, le attività di PR, le squadre che visitano il complesso scolastico durante le trasferte ed i loro supporter solo per fare alcuni esempi.

E per ben comprendere il grado di amplificazione che un’operazione del genere può avere, basti pensare che noi, pur lontani migliaia di chilometri da quelle casette di legno bianco e dai pickup Ford rossi, siamo qui a parlarne.

By Riccardo tafà - RTR Sports Marketing
Nella foto: il complesso scolastico di Whiteland
Pictures by: Clark Pleasant community school corp site

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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  • Walter Scalzone
    Reply

    Complimenti per l’articolo. Abbiamo tanto da imparare dagli States e dalla vicina Inghilterra, entrambi “maestri di marketing”.

    • Emanuele
      Reply

      Ciao Walter, è verissimo, c’è tanto da imparare.
      Noi -italiani ed europei- stiamo crescendo molto ma gli anglosassoni hanno ancora un rapporto con il marketing e con il branding più intenso e creativo.
      Osservare (e prendere spunto) le best practices è certamente un buon punto di partenza per tutti quelli che si occupano della disciplina.

  • Giovanni
    Reply

    Impensabile, non solo in Italia, vista la miopia dei marchi potenzialmente interessati. In Europa non esiste il concetto di “valori positivi”, ne quello di appartenenza alla comunità. Si guarda solo al ritorno di immagine da monetizzare subito a livello commerciale. Una visione molto limitata del business e che spiega perchè le novità arrivano dall’altra parte dell’oceano…

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