In MotoGP

In un comunicato stampa di poc’anzi Romano Fenati si è scusato con il paddock della MotoGP e con tutto il mondo dello sport per lo sconsiderato gesto del Gran Premio di Misano. Ha ribadito, questa volta con parole più pesate, che il tutto è stato frutto del momento e che comprende l’animosità delle ultime ore nei suoi confronti. Non si giustifica, ma si scusa.

Non è sufficiente

Il pilota di Ascoli ha abbondantemente -e definitivamente- sorpassato quella linea, invisibile ma ben chiara a tutti, che separa la “garra” sportiva dalla assoluta sconsideratezza. La competizione dal potenziale disastro.

Non è un caso se, per una volta, tutto il mondo del motociclismo e dello sport a motore è unanime nella necessità di utilizzare il pugno di ferro con Romano. Nell’immediato dopo gara, sia Crutchlow che Rossi hanno usato parole molto chiare sull’accaduto. Sono seguiti, immediati, il licenziamento dal Marinelli Snipers Team e il passaggio nel tritarifiuti del contratto 2019 con il duo MV Agusta / Forward Racing. Con grande probabilità, quella di Fenati nel Gran Premio di San Marino e della Riviera di Rimini 2018 è stata l’ultima gara da pilota professionista di motociclismo.

È opinione di chi scrive che proprio nelle righe di scuse ufficiali di oggi si annidi il vero nocciolo della questione. E la prova diabolica che questo non è lo sport, né il mondo giusto per il marchigiano. Fenati parla di reazione alla provocazione, di perdita di lucidità sul momento, di carattere impulsivo. Queste, che sono giustificazioni appena legittime in una gazzarra da Bar Sport, divengono argomenti insostenibili in uno sport come il Motociclismo.

Essere un vero sportivo va oltre il gesto atletico

In uno sport in cui si corre fianco a fianco a trecento chilometri orari, l’integrità emotiva, la capacità di pensiero razionale e l’equilibrio psicologico sono il requisito numero uno. Da uno sportivo professionista, specie se è un pilota, ci si aspetta e si pretende che sappia gestire la pressione, comprendere il momento ed agire meglio dell’uomo della strada. Chi, nell’impeto della competizione e nella foga del momento, è pronto a utilizzare una come un’arma o uno strumento d’offesa non può e non deve competere a questi livelli.

Le ragioni sono ovvie, e molteplici. C’è la vita in ballo, e poco altro da aggiungere. Specie in un circuito intitolato a Marco Simoncelli. Aggiungere anche una sola parola a questo concetto fondamentale è inutile e offensivo verso l’intelligenza di chiunque.

Tuttavia, ci preme in questa sede sottolineare anche un altro punto, sicuramente meno importante del precedente ma non irrisorio. Il mondo del Motomondiale, così come quello di tutto lo sport professionistico, non finisce con la pista.

Un fallimento di squadra

Il pilota solo è la punta di un imponente iceberg che comprende team, proprietari, manufacturer, sponsor, addetti ai lavori e personale vario. Ogni rider è il punto visibile e la stella più luminosa di un firmamento che comprende centinaia di persone che, giorno dopo giorno, lavorano più o meno lontano dai riflettori per fare andare avanti un circo pesantissimo da muovere e far funzionare. Il gesto di Romano mette in difficoltà tutti costoro. Tecnici e capomeccanici che non sapranno che fare, team presenti e futuri che dovranno ridisegnare il presente e il futuro, sponsor che ora dovranno subire i danni collaterali di immagine di un gesto sconsiderato, violento e terribilmente negativo da ogni angolazione.

Insomma, Fenati è un pericolo per i suoi colleghi ed un danno per questo sport. E come diceva una famosa pellicola degli anni Novanta, non ho altro da dire su questa faccenda.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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