In MotoGP

Marquez Pedrosa

Carl Jung, eminente esponente del pensiero europeo di inizio Novecento e padre della psicologia analitica, sosteneva che la realizzazione di un individuo era come un lungo viaggio sempre in bilico fra la nostra coscienza e il nostro inconscio. Per giungere al fondo di questo viaggio, e per uscirne vincitori, ognuno di noi deve affrontare tre organizzazioni interiori: la persona, l’ombra e l’animus. L’ombra è forse la parte più interessante: è la parte negativa di noi stessi, quella che ci intralcia, quella con cui dobbiamo fare i conti. Rappresenta il nostro istinto e in quanto tale è l’esatto contrario della razionalità. Affrontare l’ombra, sconfiggerla e saperla tenere sotto controllo è l’unico modo per giungere ad un “Sè” felice e completo.

Se volete, se avete coraggio, andatelo a dire a Dani Pedrosa

In un weekend caratterizzato prima dal duello in sala stampa fra Lorenzo e Marquez (ne abbiamo parlato qui) e poi da una griglia di partenza molto singolare, a vincere è proprio lo storico alfiere di casa Honda, con una prestazione maiuscola cui nessuno -neppure l’acerrimo compagno di box- riesce a tenere testa. Semplicemente troppo Dani Pedrosa sulla pista della Malesia: troppo veloce, troppo preciso, troppo costante. E allora, ci si domanderà, perchè? Perchè suonare la carica a giochi oramai chiusi? Perchè non mostrare la medesima grinta in tutta la stagione?

L’impressione, snervante, è quella di trovarsi di fronte ad uno straordinario pilota che però comincia a correre solo quando non c’è più nulla da perdere. O da vincere. Vittima di sè stesso, Pedrosa mette in luce tutto il suo talento solo quando la pressione se ne è completamente andata. Con la lotteria ancora aperta, Dani si fa piccolo piccolo, non prende parte alle scaramucce, si comporta in modo diplomatico e lascia, come in questa stagione con Lorenzo e Marquez, che i primi due della classe si riempano di scapaccioni nella corsa al primo posto. E’ uno di quelli che ha studiato e sa tutto ma non alza mai la mano. Uno di quelli che fa sempre gol ma che non chiama mai la palla. Uno di quelli che due ore dopo la consegna di un progetto ti passa accanto alla scrivania per dirti che una c’era una soluzione più semplice. Ecco, Dani Pedrosa è così. Bravissimo, ma fuori tempo.

Lo stesso accadde anche l’anno scorso, forse la migliore stagione mai disputata da Pedrosa. Lo spagnolo iniziò a correre solo quando Stoner si rovinò una caviglia, uscendo di scena per un po’. Da lì, ecco la trasformazione da pulcino a splendido cigno, quando l’ombra lunga e pesante del compagno che aveva sempre vinto tutto, se ne era definitivamente andata. C’è mancato tanto così l’anno scorso. Un niente. Chiamatela sfortuna, se volete, oppure destino se ci credete. Rimane un gran rammarico perchè in giorni come ieri pare davvero di trovarsi di fronte ad una sintesi pressochè perfetta del pilota tipo, con la velocità e la lettura della curva di Marquez e la precisione e l’eleganza di Lorenzo. E che, in quanto tale, potrebbe battere tutti e due.

Ora mancano tre Gran Premi alla fine del Campionato. Certo, non è detto che i jolly nel mazzo siano finiti per Dani, ma la salita è parecchio ardua a -54 dal leader del Mondiale e con soli 75 punti in ballo. E, non dimentichiamolo mai, con Jorge Lorenzo a separarlo da Marquez. Si è svegliato tardi, Dani Pedrosa e ancora una volta nel suo Mondiale ci sono troppi “se” e troppi “ma”: un gioco che paga poco e in cui il banco vince sempre. Come in una profezia che si autoavvera, ha atteso che gli altri andassero molto -forse troppo- avanti, prima di imbracciare le armi.

Affrontare l’ombra, sconfiggerla e saperla tenere sotto controllo è l’unico modo per giungere ad un “Sè” felice e completo.

Peccato.

By Emanuele Venturoli
RTR Sports Marekting
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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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