In Sponsorizzazioni Sportive

Sponsorizzazioni e Coronavirus. È possibile mitigare gli effetti negativi di epidemie e catastrofi imprevedibili? Facciamo alcune riflessioni.

Il tema è scottante e di rilievo: l’emergenza legata al Covid-19 che ha portato al blocco delle manifestazioni sportive ha effetti su tutti gli attori del sistema sport. La modifica del calendario del campionato di MotoGP, il posticipo di Arsenal Man-City in Premiere League, il rinvio dell’incontro di Rugby tra Italia ed Inghilterra per il 6 Nazioni e il blocco nella notte del Campionato NBA sono solo alcuni degli esempi delle tante ripercussioni del Coronavirus sul mondo dello sport.

Campionati, Organizzatori, squadre, relative strutture e tutti le parti coinvolte in quella che è a tutti gli effetti un’industria subiscono contraccolpi importanti. Ultimi, ma non ultimi, non dobbiamo dimenticare chi investe in questo settore: sponsor, TV, promoter e via dicendo.

Cosa si può fare per mitigare gli effetti negativi della cancellazione degli eventi? Un paio di suggerimenti pratici nell’era del digitale

La questione è sfaccettata e va affrontata da prospettive diverse. Partiamo dal settore che conosciamo meglio, quello degli sponsor.

È indubbio che uno sponsor subisca un danno a seguito della cancellazione di un evento. Per semplificare, possiamo dire che oltre alla mancata esposizione del logo vengono a mancare la possibilità di implementare tutte le attività di PR, promozionali e di ingaggio che rappresentano larga parte del valore insito in una sponsorizzazione.

Cosa si può fare, dunque, per limitare i danni causati ai programmi di sponsorizzazione dalla cancellazione degli eventi sportivi

1.Rafforzare le attività Digitali/Social

Uno dei modi, forse il più immediato, per sopperire alla mancata visibilità del marchio di uno sponsor è la creazione di contenuti da parte del Team sponsorizzato. Questi contenuti saranno distribuiti sui propri canali social e messi a disposizione dello sponsor che potrà utilizzarli sulle proprie piattaforme Facebook, Instagram e Twitter. Quello che si perde per la cancellazione dell’evento può parzialmente essere recuperato attraverso altri media.

Non è difficile pensare che in un periodo come questo, in cui si è forzatamente chiusi in casa, i pomeriggi siano spesi in gran parte navigando in rete, magari seguendo ciò che ci appassiona. La distribuzione di contenuti tematici ci dà la possibilità di ottenere visibilità per lo sponsor anche in assenza di competizioni. Raccontare il dietro le quinte, far vedere come ci si allena, spiegare l’ultima diavoleria tecnica consentirà di tenere gli appassionati ingaggiati e di esporre i marchi.

Come detto più volte in queste pagine tuttavia, nelle sponsorizzazioni l’esposizione del marchio è solo la punta dell’iceberg. La maggior parte delle attività non sono visibili all’esterno ma contribuiscono in grande misura ad estrarre valore dall’operazione e a generare un ritorno positivo sull’investimento.

2. Attivare operazioni di ingaggio concrete

In assenza di eventi che portino il pubblico sugli spalti o davanti agli schermi, squadre e atleti sponsorizzati devono trovare altre formule per ingaggiare il proprio pubblico e aumentare la visibilità dei propri sponsor. In momenti come questo, in cui gli assembramenti di persone sono sconsigliati (e quindi saltano meet and greet, photo-op, eventi aziendali), le attività concorsuali sono un ottimo strumento.

Le possibilità in questo caso sono numerose. Il pubblico può ad esempio partecipare al concorso dietro l’acquisto di un prodotto dei partner della squadra o di merchandising della stessa. Nel primo caso si spingono le vendite di un prodotto di uno sponsor e si fa leva sull’appeal del premio per aumentare le vendite, nel secondo si spinge sulla vendita del merchandising che riporta tutti i marchi degli sponsor, si recupera visibilità per gli stessi che rimangono esposti su un capo d’abbigliamento. Nel primo o nel secondo caso, i premi saranno coperti da polizza assicurativa.

3. Produzione di contenuti di entertainment ad hoc

Una modalità estremamente premiante, per quegli sponsor e organizzazioni che sono stati più lungimiranti, è quella di creare prodotti di entertainment molto strutturarti e capaci di uscire dalla tradizionale “bolla” degli appassionati per giungere ad un pubblico più ampio e non necessariamente tifoso. Evidentemente, prodotti simili non possono essere confezionati oggi quando tutto è fermo, ma devono essere pianificati all’interno delle strategie di attivazione della sponsorizzazione. Occorrono infatti settimane, se non mesi, di riprese, scatti, interviste e ricerche per mettere insieme tutto il materiale necessario alla realizzazione di siffatti mega-contenuti: un’attività possibile soltanto con una buona dose di pensiero a lungo termine e costruzione strategica.

È il caso di molti documentari, lungometraggi o serie televisive dedicati a un atleta, ad uno sport o ad una squadra e ospitati su piattaforme di prestigio quali Netflix e similia. In tal senso agli appassionati di motorsport non saranno certo sfuggiti “Undaunted”, dedicato ad Andrea Dovizioso, o la seconda stagione della docu-serie “F1. Drive to Survive“, fra gli altri.

Sono produzioni eccellenti, che nulla hanno da invidiare per qualità e completezza ai grandi film o alle grandi serie. Oggetti simili hanno il vantaggio, sopratutto a stagione ferma, di saziare la “fame” dei tifosi e -parimenti- di esporre marchi, sponsor e partner nel racconto del dietro le quinte o dello svolgimento della stagione.

Non esistono però solo i video. Anche preziosi libri fotografici, come l’ottimo Speeding Around di World di LCR Honda, servono allo stesso scopo, “allungando” l’esposizione dei partner e aumentando la risonanza dei programmi di sponsorizzazione.

4. La necessità di costruire un database proprietario

Un aspetto su cui riflettere e che potenzialmente potrebbe cambiare le regole d’ingaggio con tifosi ed appassionati è quello della necessità per le realtà operanti nello sport di costruire un proprio database che li liberi dalla sudditanza dei social media. Se è vero che gli sponsor, i team e gli atleti possono -attraverso i social- comunicare con la loro fanbase, è altrettanto vero che di quella stessa audience hanno solo una visione superficiale e un controllo limitato. 
Altro sarebbe se i soggetti sportivi e gli sponsor avessero controllo diretto dei dati dei loro tifosi e appassionati. Magari servendosi di una applicazione proprietaria che permette solo a chi la scarica l’accesso a contenuti particolari, incentivandone il download con concorsi e premi in palio. Su una simile tecnologia si potrebbero costruire funnel di ingaggio più efficaci e più personalizzati, veicolare contenuti ad hoc e dare la possibilità di accedere contemporaneamente a più servizi, dallo shop agli eventi, dal ticketing ai video esclusivi e via dicendo. 
Si avrebbe così non solo un prodotto migliore, ma anche la possibilità di essere più direttamente collegati ai propri utenti tramite più canali e con modi più efficaci di comunicare. 

Guardiamo oltre, cosa succede se un Gran Premio viene cancellato? O se invece la manifestazione va avanti a porte chiuse?

Proviamo anche a cambiare prospettiva. L’evento è annullato, quindi il circuito non venderà biglietti e quelli già venduti verranno rimborsati. Allo stesso tempo, chi pagherà il  proprietario del campionato per poter ospitare l’evento che non verrà disputato? Chi sosterrà questi costi?

In casi simili i denari persi potrebbero essere coperti da un’assicurazione, così come tutti i rischi connessi che possono essere trasferiti a gruppi assicurativi disposti a  garantire contro l’ipotesi di mancata effettuazione di un evento. È quindi necessario, per squadre, impianti sportivi e via discorrendo, essere prudenti e prevedere polizze di questo genere, generalmente poco costose vista la rarità di queste catastrofi, che possono mitigare se non annullare completamente l’impatto economico dovuto alle stesse.

Meglio andare avanti o sospendere il tutto?

Aggiungiamo un altro spunto di riflessione. Se foste uno sponsor preferireste che l’evento andasse avanti con gli spalti vuoti o che venisse cancellato?
Vorreste vedere il vostro marchio esposto in un momento “difficile”, correndo il rischio di passare per quelli che non sono in contatto con la gravità del momento e quindi con la realtà o, invece, sareste favorevoli ad associare il marchio  ad un breve momento di serenità (guardare la partita della squadra del cuore) di chi si trova in quarantena contribuendo ad alleggerire una situazione certamente pesante? Considerazioni queste che non si vorrebbe mai dover fare ma che da oggi devono entrare a far parte di tutte le domande che ci si pone in fase di pianificazione delle sponsorizzazioni di un qualsiasi evento.

Sponsor: abbandonare o continuare?

Infine, vorrei aggiungere un altro punto. Penso che i marchi dovrebbero rimanere fedeli ai loro programmi di sponsorizzazione anche nei giorni difficili, anche in situazioni strane come questa. Quando si sponsorizza ci sono giornate eccellenti e, a volte, cattive giornate. Ovviamente stiamo vivendo quelle cattive e come in ogni partnership non ci si può aspettare di stare insieme solo quando le cose vanno per il meglio .

A mio avviso, gli unici casi in cui uno sponsor può e deve ritirarsi sono quelli legati al doping o alla corruzione. Il Coronavirus non è addebitabile a nessuno e quindi, secondo me, non ci sono gli estremi per rompere.

Pensiero Laterale: salvare la visibilità con i media partner

Le squadre dovrebbero provare ad includere sempre, tra gli sponsor, un media partner. Questo potrebbe essere utile in termini commerciali (vedi quanto riportato nel sito McLaren sul perché della partnership con CNBC ) ed offrire anche spazi sui propri mezzi, controbilanciando l’eventuale mancanza di visibilità dovuta non solo a casi eccezionali come COVID-19 ma anche alla normali contingenze sfortunate della pista.

Parlare di sponsorizzazione, oggi

Una chiosa necessaria a quanto detto fin qui. Parlare dei danni che la pandemia da Coronavirus sta portando ai programmi di sponsorizzazione non vuole in alcun modo essere un esercizio di cinismo o, peggio di miopia. È chiaro ed evidente che, in un momento in cui la salute mondiale è in gioco e l’economia del pianeta intero a rischio di tracollo, la sponsorizzazione sportiva è una frazione di una frazione di una frazione del quadro generale. Tuttavia, questo blog si occupa di sponsor e di sport e deve continuare a parlare unicamente di ciò, lasciando materie più complesse agli addetti ai lavori, ai tecnici e agli esperti. A noi tocca affrontare la nostra piccolissima parte di problema, cercando di offrire un quadro della situazione e possibili soluzioni alternative.

La lista presentata sopra è tutto fuorchè esaustiva, e non ha la pretesa di essere la panacea di tutti i mali. Al contrario, ci piace lanciare spunti di riflessione per mostrare che esistono possibili soluzioni ai problemi. Nella speranza che, presto, tutto torni alla normalità.

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Riccardo Tafà
Riccardo Tafà
Managing Director di RTR Sports, Riccardo si è laurea in giurisprudenza all'Università di Bologna. Inizia la sua carriera a Londra nelle relazioni pubbliche, poi si sposta nel settore delle due e quattro ruote. Si trasferisce brevemente a Monaco prima di tornare in Italia. Lì fonda RTR, prima una società di consulenza e poi un'azienda di marketing sportivo che, alla fine, trova una nuova e definitiva sede a Londra.
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