Gli appassionati di calcio ricordano tempi, neanche troppo lontani in verità, in cui le società italiane la facevano da padrone in sede di mercato. I club più prestigiosi si contendevano top player a suon di miliardi dell’epoca, ed anche le formazioni di media fascia erano in grado di mettere a segno colpi importanti, con risultati che andavano poi a riflettersi nel dominio delle formazioni del nostro paese nelle coppe europee.
Tutto questo fino all’alba degli anni duemila, poi la situazione è andata pian piano trasformandosi, con i club italiani sempre meno competitivi nel calciomercato, ed in generale sempre più lontani dal fatturato prodotto dalle grandi società del calcio europeo. Il che ha avuto ripercussioni anche sul piano dei risultati sportivi, tanto che negli ultimi due anni l’Italia ha perso un posto a disposizione nella competizione più prestigiosa, la UEFA Champions League. Colpa della crisi economica, certo, che ha comportato una contrazione della spesa molto forte anche per i club più ricchi, ma non va dimenticato che la contingenza finanziaria sfavorevole ha colpito l’Europa quasi nella sua totalità. Eppure movimenti calcistici come quello inglese, spagnolo e soprattutto tedesco hanno visto incrementare i successi ed il giro d’affari.
A non essere più competitivo in generale è il sistema calcio in Italia, che è rimasto indietro a causa di molti fattori che trovano le loro radici proprio in caratteristiche peculiari del modo di gestire il football nel nostro paese. Innanzitutto, i club esteri possono contare su stadi di proprietà che ne aumentano considerevolmente valore e fatturato, con le arene dei principali club che vengono vissute 24 ore su 24 dai tifosi, che spesso usufruiscono al loro interno di cinema, ristoranti e negozi vari. In Italia invece non è stata neppure varata la tanto ventilata legge sugli stadi che avrebbe dovuto consentire ai club di poter allestire strutture al passo con i tempi ed in grado di aumentare i ricavi. Giocare in stadi scomodi, a volte fatiscenti e spesso non agevoli da raggiungere, significa poi avere un’affluenza di pubblico ben lontana dai numeri record fatti registrare, ad esempio, nell’ultima stagione da un campionato come la Bundesliga tedesca. Anzi la media spettatori negli stadi italiani è in costante calo, fatta eccezione, e non è un caso, per la Juventus che è l’unico grande club che può fare affidamento su uno stadio di proprietà.
In seconda battuta, i club italiani non possono contare sul merchandising e le grandi vendite che gli altri club europei di primo piano sfruttano per aumentare in maniera sensibile i loro ricavi. Nel nostro paese la piaga del materiale contraffatto ha un peso troppo importante, senza considerare poi l’abitudine poco radicata dei tifosi ad acquistare materiale ufficiale dei club.
In generale poi, gli scandali più e meno recenti che dal 2006, anno dello scoppio di Calciopoli, hanno colpito il calcio italiano, hanno fatto scendere decisamente l’appeal della Serie A, con un calo delle sponsorizzazioni che ha reso le principali formazioni del nostro campionato in tutto e per tutto dipendenti dai diritti televisivi, che restano ormai di gran lunga la principale fonte di sostentamento per i presidenti, assieme ad un mercato in uscita che spesso non fa che indebolire ulteriormente il livello del nostro calcio.
La soluzione non sembra poter prescindere dall’ampliamento e dall’ammodernamento delle strutture, con la costruzione di stadi di proprietà che possano diventare solido patrimonio dei club, che tornerebbero in breve tempo in grado di competere con i giganti d’Europa.
RTR Sports Marketing
Nella foto: lo Juventus Stadium
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