By Silvia Schweiger| Posted April 7, 2016
| In Altri Sport
La finta sostenibilità del business model della F1

Pubblicati i guadagni dei team di F1 riguardanti la stagione 2015 viene da pensare che tutto vada per il migliore dei modi per lo sport motoristico più famoso al mondo.
Questo è vero se si parla di Ferrari che, nonostante una posizione in classifica più bassa di Mercedes, si assicura più soldi di tutti (circa 168 milioni di euro) complice il famoso 3.5% annuo che a Maranello percepiscono in quanto team storico. Meno se parliamo di una scuderia di seconda fascia come Williams che nonostante un terzo posto in classifica costruttori ne guadagna 72 di milioni. Si arriva poi a differenze enormi pensando alla Manor che intasca 41 milioni.
Chi vince guadagna di più
Questo è il motto che padroneggia nel Circus ed ha anche un senso. Se però vincendo non si ottengono soltanto benefici personali ma si arriva anche a tagliare le gambe alla concorrenza allora c’è qualcosa che non funziona in questo business model che, ricordiamolo, regola una disciplina sportiva.
Ecclestone difende il Patto della Concordia dicendo, a ragione, che negli ultimi anni le revenue generate dalla vendita dei diritti tv siano aumentata facendo affari con Murdoch e soci. Un aumento che, in realtà, fatica a compensare il calo di sponsorizzazioni derivato dallo stesso fattore.
Ne consegue quindi una fragilità intrinseca di questo business model che ha una parvenza di stabilità fino a quando le Pay-Tv pagheranno a peso d’oro i diritti. Intanto, con questa regolamentazione economica, chi fa meno punti è pesantemente penalizzato e abbiamo due campionati diversi: quello Mercedes-Ferrari e il resto dello schieramento, perchè differenze di budget evidenti generano differenze di prestazioni altrettanto marcate, generalmente. E lo spettacolo è quello che vediamo: costruito da DRS e altre diavolerie del genere, non reale.
L’incremento delle revenue non è un segnale di salute per lo sport. Ma semplicemente un’illusione di salute che vogliono raccontarci.