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Jorge Lorenzo:
Angeli e Demoni

La visiera nera del casco racchiude emozioni che non si possono spiegare. Quello che sta dietro il vetro, quando quella visiera è abbassata, è un mondo che gli altri non riescono a capire. Sorretto da leggi fisiche sovrumane e geometrie incastonate nell’asfalto, è un mondo fatto di estremi, di bianchi e di neri, di insopportabili boati o laceranti silenzi. Decimi di secondo che sembrano lunghi come una vita e centimetri sulla lunga striscia di asfalto nera che possono consacrarti o disarcionarti, proiettandoti nella ghiaia gelata o nell’Olimpo dei Campioni. Noi umani, da qui, possiamo solo guardare. Senza capire.

“Quando leggo le mie interviste sui giornali
non riesco mai a ritrovare quello che avevo detto
Un po’ mi dispiace”

Il problema, come sempre accade, è la transizione. Fra i due mondi, fra due realtà così diverse, fra due sistemi di riferimento così distanti. Lo spazio e il tempo che passano fra il burro e il martello -due sostantivi che tornano e torneranno- sono talvolta incolmabili e pieni di rischi. Una cosa è certa, in questa strana algebra: non si può essere contemporaneamente uomini e piloti. L’uno non accetta l’altro, anzi, lo teme, lo allontana. Perchè il vero pilota non può avere il timore, la prudenza e la viltà dell’uomo. E quest’ultimo non può permettersi la sfrontatezza, l’istinto e l’abbandono di ogni senso comune come deve fare chi una domenica sì e una no sale su una moto a 350 all’ora. E’ proprio in questo spazio, fra il pilota e l’uomo, che cominciano e finiscono i guai ed i trionfi di Jorge Lorenzo.

Al termine del Gran Premio di Catalunya, sede della sua quarta vittoria consecutiva, Jorge Lorenzo sembra non possedere rivali. Ha calpestato, umiliato, sconfitto e poi abbandonato nella sabbia il due volte campione del Mondo Marc Marquez. Ed ha limato quasi interamente il vantaggio del suo compagno di Squadra Valentino Rossi, quella nemesi vestita di blu e giallo che è stata sempre per Jorge fonte di grande ispirazione e di grande odio. Semplicemente, in questo preciso momento storico Lorenzo sta facendo un altro campionato: sul giro secco, sul passo, sul setup della moto, sulla strategia è avanti milioni di anni luce rispetto agli altri ragazzi del paddock. Probabilmente, e questo dicono i commentatori più esperti, non è mai stato così forte e così in forma, neppure nel 2010 o nel 2012, anni in cui ha vinto il Mondiale MotoGP. Ora occorre solo chiedersi quanto durerà.

“Mi fa piacere che Valentino abbia chiesto il muro
fra i nostri garage.
Se non mi vuole vedere è solo perchè ha paura”

Quando arrivò in MotoGP nel 2008, Jorge Lorenzo era un ragazzo veloce, brusco e con grandi difficoltà di relazione, al punto da doversi affidare a corsi di recitazione e personal branding per tentare di apparire un po’ meno spigoloso. Tutto il paddock concordava sulle abilità tecniche e di talento del Lorenzo Pilota, ma non amava quell’Uomo Jorge, così difficile, così musone e così impacciato, distante anni luce dal carisma cristallino e magnetico di Valentino Rossi, l’uomo simbolo di questo sport ieri, oggi e per sempre.

Ci sono stati gli scontri con Pedrosa, con Simoncelli e quello più famoso di tutti, proprio con Rossi, enfatizzato dal grande muro blu che ad ogni tappa si ergeva dentro il Box Yamaha. Fuori dalla pista ci sono state le tensioni con il padre, Chico Lorenzo, e con l’ex manager, il delirante Dani Amatriain, uscito dalla porta sul retro della MotoGP dopo scandali di droghe e telefonate di minacce di morte. A beffa finale, è pure arrivato lui, il giovane e gagliardo Cabroncito, aitante torero dal sorriso bianchissimo e dalla classe sopraffina, che ha strappato visibilità, successi e attenzione.

In questo gran viavai, all’uomo Jorge non è rimasto granchè a cui appigliarsi: è sempre rimasto il viso cupo ed imbronciato del carrozzone. Una reclusione umana lunga e a tratti sconfortante a cui sono sempre seguite, con svizzera precisione, anche le cadute del Pilota Lorenzo. Le ruote posteriori sull’erba bagnata. Le goffe partenze anticipate. Le più assurde disavventure, come quando l’imbottitura del casco si è scollata e gli è scesa sugli occhi. A differenza degli altri, per il Pilota Lorenzo però non c’erano e non ci sono scuse. L’errore non è perdonato, la prestazione opaca mai tollerata. C’è una sola conclusione, ovvia ma non scontata: Jorge Lorenzo non piace, non sta simpatico ai colleghi, agli addetti ai lavori e ai tifosi. I sondaggi, anche nella natìa Catalunya lo dimostrano, così come lo dimostrano le lunghe code di pubblico davanti ai motorhome, tranne al suo. Difficile -ma non impossibile- farsene una ragione.

Angeli e Demoni, così diversi eppure così indissolubili. Se c’è una cosa che la carriera di Jorge Lorenzo sta mostrando con grande chiarezza è che sono proprio gli equilibri fra queste due realtà a fare del maiorchino un pilota di media classifica o una delle cose più straordinarie che l’uomo abbia mai visto su di una motocicletta. Questa duplice faccia di Lorenzo emerge con straordinaria continuità in tanti dettagli, apparentemente slegati, che eppure tracciano un disegno nitido e coerente. Ci sono la Mantequilla e el Martillo, i due soprannomi di Jorge, in possesso di una giuda morbida come il burro ma conosciuto per il passo duro e costante come il battere di un martello. Ci sono il bianco e il rosso, i colori che da sempre Lorenzo porta con sè, uno a destra ed uno a sinistra. Ci sono le due case, quella faraonica e lussureggiante di Barcellona e quella riflessiva, nascosta del Canton Ticino.

Già, la casa. Uno dei momenti più bassi della popolarità dell’Uomo Jorge è stato probabilmente raggiunto quando, in collaborazione con lo sponsor Monster, Lorenzo ha aperto le porte della sua mega villa catalana. Clichè dopo clichè, dalle belle donne a bordo piscina, ai led nella doccia, ai pavimenti in vetro e all’enorme e fornitissimo garage, l’inutile ostentazione della ricchezza del Pilota Lorenzo è stata eguagliata solo dall’ondata d’odio sollevatasi da una Spagna piegata dalla disoccupazione e dalla miseria. In molti, ancora oggi, si chiedono a quale genio delle PR sia venuta in mente una trovata così bassa e assurda. Ancora una volta, popolarità sotto lo zero. Una coup de theatre di segno negativo che fa il pari probabilmente solo con i festeggiamenti in stile allunaggio di Laguna Seca del 2010.

Ma dietro la visiera, il mondo imperfetto di Jorge Lorenzo prende altre forme, si allinea a pianeti che noi umani, da qui, non vediamo. Perchè Jorge può essere un uomo in cerca di una dimensione, perennemente dilaniato dall’eterno umano dilemma di farsi voler bene, ma resta un pilota con pochi eguali. La pista racconta infatti una storia diversa. E’ la storia di un pilota, l’unico, che ha saputo battere il Dottore con la stessa moto in più d’un’occasione iridata. Un pilota che ha già vinto due mondiali della classe regina e che, lo si ami o li si odi, entrerà di per certo nella storia di questo sport. Di un pilota che per passione e per ambizione non ha probabilmente eguali.

Un esempio su tutti: Olanda, 27 giugno 2013. Sotto l’ennesimo cielo color piombo del TT, durante il turno di prove libere  del Gran Premio di Assen, Lorenzo esce da una variante velocissima, arriva sul dritto e spalanca il gas. La ruota posteriore sfiora la linea bianca fradicia d’acqua e la Yamaha M1 diventa un missile impazzito che comincia a roteare per aria. Jorge finisce per terra a 230 all’ora, baciando il suolo con il capo e con la spalla. Trauma cranico e clavicola spezzata in due punti. Jarvis, Rossi e tutto il carrozzone raccontano ai microfoni che è una brutta caduta. Una gran brutta caduta. Pover Jorge, ci spiace, speriamo di rivederti in Germania. E invece Lorenzo si fa portare in elicottero a Barcellona, dove viene operato nella notte e poi torna in Olanda, con due viti e due tasselli di 7 centimetri a tenere insieme i cocci. Il sabato è in moto, fa una gara pazzesca, alla bandiera a scacchi è quinto. Quando gli tolgono il casco, perchè lui non riesce ad alzare le braccia, Jorge è bianco come un cencio e non riescea parlare dal dolore. Dal podio e dalle tribune gli altri lo guardano con un misto di imbarazzo, sgomento e ammirazione. Quell’uomo e quel pilota, così distanti, così incomprensibili.

“Invidio la scelta di Stoner.
Ha più tempo per sè, più tempo per la famiglia,
per le cose vere.
A me piace correre in moto, ecco perchè rimango”

Con il Mondiale neppure al giro di boa, lo spagnolo ha un solo punto di distacco da Rossi. Ha vinto le 4 ultime gare, raccogliendo bottino pieno e impressionando una volta di più la concorrenza e gli addetti ai lavori. Se riuscirà a tenere a bada l’Uomo Jorge, per il Pilota Lorenzo potrebbero spalancarsi abbastanza comodamente le porte del titolo mondiale numero tre. Paradossalmente, le difficoltà cresceranno con l’aumentare delle vittorie: cresceranno la pressione, le domande dei giornalisti, l’attenzione dei media e l’intensità della luce dei riflettori. Ed ancora una volta, Angeli e Demoni si scontreranno. E l’esito della battaglia è tutt’altro che scontato.

TESTI E ILLUSTRAZIONI DI EMANUELE VENTUROLI