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Addio 2016, vorrei dirti qualcosa di carino, ma è estremamente complicato dire qualcosa di nuovo su un anno vecchio.

Mentre le cronache masticano ordinatamente la quotidianità spezzettandola in minuscoli frammenti da ri-regalarci sotto forma di tweet e telegiornali, i commenti e le retrospettive consegnano puntualmente versioni più digerite e d’insieme, legando con lo spago i pezzi di un senso difficile a cogliersi altrimenti.

Winter-sunset

D’altro canto, le imperterrite ed elefantiache innovazioni tecnologiche, bizzarrie odierne che saranno il pane quotidiano di domani come gli occhiali di Snapchat e i droni di Amazon e la VR di Playstation o le auto di Elon Musk, continuano ad ingigantire il nostro arsenale di nuovi modi per esperire più velocemente il mondo, per vedere più cose e per sentirle meglio.

Come esattamente troveranno il modo di collegarsi questi due estremi non è ben chiaro, ma il presente non può attendere risposte a troppi ricami. Insomma, in un modo o nell’altro, è davvero difficile dire qualcosa di nuovo, su questo vecchio anno.

Senza dubbio, su questo 2016 e sulle sue sfighe si è creata un’antologia traboccante e continuamente fomentata dalle timeline di twitter e dagli apocalittici post sui blog, che hanno all’unanimità bollato questo anno come Annus Horribilis sin dalla tragica scomparsa di David Bowie  nei primi giorni dello scorso Gennaio.

Brexit e non solo

A questo si sono aggiunti gli innumerevoli commentari e letture distopiche che hanno accompagnato rispettivamente Brexit, elezione di Trump e crollo del Referendum italiano e del conseguente governo, dimenticando in maniera abbastanza stravagante che più che decisioni imposte, queste sono stati cambiamenti votati in larga maggioranza dalle cittadinanze. Le follie collettive di Pokemon Go, Mario Run, Samsung che saltano per aria e iPhone 7 senza il jack delle cuffie completano l’insalata di un anno certamente stravagante e che, senza alcun dubbio, verrà ricordato a lungo*.

Però c’è un però, e a tal proposito è illuminante l’editoriale di Federico Ferrazza sul numero di Dicembre di Wired, titolato “Viviamo nel miglior momento della storia (ma non ce ne rendiamo conto)”.

Il però è che è triste pensare a questo 2016 appena concluso unicamente come guazzabuglio di disgrazie, morti famose e eventi da dimenticare. Ed è triste pensare che molto spesso ci crogioliamo in questo turbinio di negatività, come se ci fosse sollazzo talvolta nel vedere l’ennesima bruttura, l’ennesima sciagura. Diveniamo, spesso, la profezia che si autoavvera, in un percorso di dissonanze cognitive che preferiscono il peggio al meglio solo per poi trovare gusto nella lamentela.

In realtà basta una veloce ricerca per vedere che, ad esempio, il 2016 non è affatto in cima alle liste degli anni con il maggior numero di morti famose o che, nonostante la narrativa di Internet, tante cose vanno molto meglio di anni fa (la soglia di povertà mondiale è calata, l’aspettativa di vita è cresciuta, la scolarizzazione si è alzata e via discorrendo). Semplicemente, di queste cose migliori abbiamo scelto di non parlarne.

Tutto da buttare?

Insomma, personalmente e nonostante tutto, non amo guardare a questo 2016 che sta terminando come ad un sacco pieno di immondizia da buttare via. Al contrario, è stato un anno di grande crescita, di soddisfazioni, e di momenti importanti. Un anno in cui si è imparato molto, in cui si è costruito molto ed in cui si è gioito, anche grazie a grandi momenti sportivi. Un anno da cui bisogna uscire con fiducia e non con scoramento, con forza e non con il capo chino. Con un po’ d’amore verso ciò che facciamo e ciò che ci circonda.

Addio 2016, sei stato meglio di come sembri. Colpa nostra, che ti abbiamo disegnato così.

* Menzione, per ragione di completezza, andrebbe fatta anche riguardo i terribili episodi di violenza avvenuti in tutto il mondo. Ma questo è pur sempre un blog sportivo, e mentre ci prendiamo la libertà di commentare a cuor leggero di gadget e fesserie, non riteniamo di essere il luogo per una riflessione seria e puntuale su temi più complicati legati al terrorismo e alla situazione internazionale. Riteniamo anzi che tali dissertazioni debbano rimanere alla penna e al giudizio di persone competenti e di approfondimenti seri.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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