
I fischi all’indirizzo di Sebastian Vettel alla fine del Gran Premio di Singapore sono manifestazione che va analizzata e da cui -è opinione di chi scrive- si possono trarre importanti considerazioni sullo stato della Formula 1 moderna. E’ palese che, se i fischi in questione tengono più banco della gara stessa, c’è quanto meno un problema di competitività nel Mondiale in corso.
La gara di ieri, noiosetta a voler esser schietti, è durata 346 metri, ovvero la distanza necessaria a Sebastian Vettel per mettere tutta la lunghezza della sua vettura davanti a quella di Nico Rosberg. Eliminata la pratica della prima curva, il tedesco ha fatto gara a sè, creando da subito un gap incolmabile. Gara di Singapore nel cassetto, mondiale chiuso, apriti cielo. Facendo la matematica, non fosse entrata la Saftey Car, Vettel avrebbe probabilmente vinto con qualcosa di molto simile al minuto e mezzo di vantaggio sul secondo. Chissà.
Nonostante sia difficile pensare ad un dominio più schiacciante nella storia dell’automobilismo, Vettel non piace, la Red Bull non piace e sia il pilota teutonico sia la monoposto austro-britannica raccolgono ad ogni uscita l’equivalente verbale di un gettito di verdura mista a teatro. Sebastian fa spallucce, Horner lamenta la poca sportività del pubblico prima di Monza poi di Singapore, Webber e Newey se ne chiamano fuori.
Nel frattempo da più parti si levano ipotesi complottistiche e singolari teorie del favoreggiamento. I più fantasiosi speculatori del web urlano all’inganno, in una presa della Bastiglia virtuale in cui Horner e Newey hanno ricevuto il compito di costruire una mitica vettura super partes e super regolamento e Vettel ricopre il ruolo del pupazzo pagato per fare da capro espiatorio ad un clima malato e doppiogiochista. E’ come il wrestling, si legge da qualche parte, è una soap opera, chiosano.
Occorre aprire gli occhi.
Certamente dotato di un mezzo superiore a quello degli altri, Sebastian Vettel ha comunque dimostrato in quest’anno di essere divenuto pilota pressochè perfetto. Lo dimostrano l’assenza di errori, la continuità di risultati, la totale capacità di isolarsi dal contesto, la conoscenza metodica dei propri punti di forza. Ecco perchè ieri, a costo di rimetterci mezza ala anteriore, ha voluto con forza stare davanti a Rosberg alla prima curva: era ben consapevole che sarebbe riuscito a scavare un divario considerevole su Alonso solo con pista libera davanti. Detto, fatto.
Vettel non piace, la Red Bull non piace, ma è inutile stare a menare il can per l’aia: al momento l’accoppiata è ben più che imbattibile. Sta proprio facendo un altro sport. Non c’entra la Malesia, la Turchia del 2009, il classico ditino alzato a ricordare la vittoria, non c’entrano gli estremismi tecnici di Newey, non c’entra il “Multi 21”. O meglio, c’entra tutto, e quindi niente.
Vettel non piace come non piacciono i campioni freddi e onnipotenti, quelli che sorridono ai fischi e che hanno sempre parole calme e misurate. Non piacciono quelli che non fanno mistero di volere vincere per forza e di essere assolutamente consci della propria superiorità in alcune occasioni, tanto da compiere gesti apparentemente privi di empatia. Come togliersi casco e guanti prima della fine delle qualifiche. O come chiedere come siano andate le elezioni in terra tedesca appena giunto in conferenza stampa dopo il triplete di Singapore.
Però non c’è trucco, e non c’è inganno, nella superiorità del team dell’energy drink. E nel dominio del ventiseienne tedesco, che ieri ha mandato i titoli di coda su questo Mondiale, comandato come mai era successo prima. Non serve fischiare. Non perchè sia poco sportivo (certo, anche), ma perchè significa avere gli occhi chiusi sulle imprese di un pilota straordinario, alla guida di una vettura straordinaria. Ci si aspetta di più dai tifosi di uno sport affascinante e ricco di valori come la Formula 1. Ci si aspetta che i campanilismi e il tifo per i propri beniamini non si tramutino in sberleffi e fischi nei confronti del vincitore.
Siamo ai titoli di coda. Il cinema sta per chiudere e le luci in sala iniziano ad alzarsi. E’ tempo per tutti di tornare a casa, in silenzio.
By Emanuele Venturoli
RTR Sports Marketing
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