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spurs-2014-championsAl di là di quello che si possa pensare, la stagione dei San Antonio Spurs è stata lunga, pesante e carica di pressioni. Come una disperata corsa verso un punto lontano e sbiadito, gli Spurs hanno superato senza guardarsi mai indietro regular season e Playoff. Quando sono arrivati alle Finals 2014, sapevano che quello era il momento della verità, che non ci sarebbero state scuse. O altre possibilità.

Al di là del risultato, San Antonio ha giocato una serie difficile e mentalmente molto impegnativa, poichè combattuta in primo luogo contro se stessi. Dopo l’anno scorso, e la terribile estate che Duncan e compagni hanno passato, queste erano partite e notti ricche di fantasmi e di paure. Perdere ancora avrebbe significato scomparire dalla storia di questo gioco. Vincere, come ha scritto Fran Blinebury, era questione non tanto di rivincita quanto di redenzione.

Al di là delle comunque eccellenti individualità, che neppure in queste finali hanno tradito, la vittoria degli Spurs è sopratutto la vittoria di una squadra. Non nel senso cameratistico, bonaccione e un po’ facilotto di chi dice “è una vittoria di squadra” per farsi bello dinanzi ai microfoni, ma nel senso, appunto, di un collettivo compatto ed equipollente. LeBron James è più forte, inividualmente, di ogni giocatore degli Spurs, ma San Antonio è una squadra più forte di Miami. Giocano meglio, sono messi meglio in campo, gestiti meglio e sono mentalmente più solidi.

Al di là dei numeri, infatti, la vittoria dei texani è stata prima di tutto nella testa. Questi erano in missione, lo vedevi dalle facce, nei timeout patriarcali di Popovich, negli occhi dei grandi vecchi mentre Leonard e Green affondavano la corazzata fashionista degli Heat. San Antonio sapeva di non poterla buttare sull’individualità, sull’uno contro uno, perchè sarebbe stata travolta. Ha scelto di annientare Miami come collettivo lasciando il Prescelto a navigare da solo. E, se mai qualcuno avesse ancora dei dubbi, anche per The Chosen One è impossibile vincere da solo, a questo gioco.

Al di là dei facili revisionismi, e guardando indietro non solo a questa serie, ma a questa stagione, non poteva andare che così, anche se pochi forse ci avrebbero creduto. Gli Spurs, questi Spurs, sono senza dubbio fra le squadre più grandi della storia di questo gioco, insieme ai Celtics degli anni 60, ai Bulls degli anni 90. Hanno giocato una pallacanestro meravigliosa, musicale, un inno al gioco, al bel gioco. Hanno mostrato una completezza tecnica, tattica e di ritmo stupefacente, divenendo la squadra con la migliore percentuale di tiro nella storia delle Finali. E’ stato 4-1, ma c’è stata una squadra sola in campo. Quello di Miami è stato un massacro, cestisticamente parlando, una lezione severa e senza scampo. Long Beach e la sua patina dorata sono stati spazzati via, buttati nell’angolo di un affresco in cui non c’era posto per loro.

Al di là di tutto, ora il capolavoro è compiuto.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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