Ce ne andiamo. Fra una settimana, anzi meno. Dal primo di ottobre ci trovate in Galleria Ugo Bassi, nel pieno centro di Bologna. Da lì si vedono le torri, e piazza Maggiore, e la Fontana del Nettuno. Dopo 15 anni lasciamo Mazzini e l’ufficio al primo piano del civico 82. Lasciamo il portiere che è sempre fuori per servizio, e l’ufficio con la grande parete grigia a fiori arancioni. Lasciamo Giorgio che fuma sotto il portico di fronte e lasciamo la sala riunioni, senza avere mai capito se la pianta che c’è dentro è finta o vera.
Ce ne andiamo, e per la prima volta, oggi, un po’ mi fa strano. Quando arrivai qui, anni fa, stavano rifacendo il marciapiede. Oggi, se guardo giù dalla finestra, lo stanno rifacendo di nuovo. Cinque anni fa almeno non aveva lo snobismo e la boria di chiamarsi “Cantiere BOBO“, ma la sostanza è la stessa. Forse è un problema di amministrazioni, o semplicemente una ruota che gira. Forse, è davvero tempo di andare.
Ce ne andiamo, e gli scatoloni pieni di un decennio abbondante di documenti e libri ne sono ora il segno più evidente. Certo è, non me ne vogliano i giuristi, che più di ogni cosa il trasloco è uguale per tutti e anche noi, come ogni buon pellegrino pro tempore, abbiamo dovuto attraversare la forca caudina del “lo tengo o lo butto?”, propendendo più spesso per la seconda opzione. Per motivi di spazio, si dice, come se davvero ci si dovesse vergognare di un po’ di malinconia.
Siamo andati con le mani e la memoria attraverso settimane, mesi e anni di Gran Premi, fiere, progetti, eventi e piani di sampling. A riscoprire a manciate il tempo passato, le soddisfazioni, le incazzature, la tante belle cose fatte. Due settimane per tornare al 1999, mica briciole, come un esercizio zen eterodiretto, un massaggio tantrico alla memoria e alla consapevolezza. Tante scatole da riempire e da etichettare con la scritta “noi siamo questi“.
E allora arrivederci Mazzini, come in quella vecchia canzone. Qui dentro ci siamo divertiti, ci siamo disperati, abbiamo vinto premi, ci abbiamo lasciato l’anima, le corde vocali e le notti. Ci siamo entrati distrutti e stanchi dopo le trasferte, ci abbiamo fatto pranzi epici a base di pastasciutte improbabili. Abbiamo saltato sulle scrivanie, impiegato sette persone per attaccare un quadro, usato elmetti da cantiere per entrare in amminstrazione, giocato a scherma con i righelli e simulato e gare di canoa con le sedie girevoli legate. Qui dentro abbiamo conosciuto i nostri limiti, appeso i nostri sogni ai separè delle scrivanie, guardato i mondiali con una birra in mano, dimostrato che se si è uniti l’impossibile non esiste, bevuto milioni di caffè e mangiato le pizze più cattive di sempre. Abbiamo avuto grandi giorni e piccoli giorni. Alcuni di noi saranno amici per sempre, altri si saranno solo incrociati. Ma non importa.
Ciao Mazzini, una cosa è certa: sono stati anni importanti. Per conto mio, sono entrato qui dentro un ragazzo, ne esco cresciuto. Maledetti traslochi, si rischia sempre di piangere. Ma non è nostalgia. Guarda me, per esempio, è solo che mi è entrato un ricordo in un occhio.
– Ma davvero l’Aperol era tutto scaduto?
– Sì
– Ma su 5 casse neanche una bottiglia?
– No
– Madò, che spreco
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