In Formula 1

max-verstappen-red-bullÈ assai complicato parlare oggi con razionalità di quanto accaduto durante il Gran Premio di Spagna di Formula 1 di ieri. Il rischio concreto è di cadere nella prosa smielata e nella retorica da carro del vincitore, dimenticando quanto si era detto, o scritto, nei mesi precedenti. Chi redige queste pagine (excusatio non petita, accusatio manifesta) aveva a suo tempo espresso dubbi non troppo velati sulla giovane età del novello Alessandro Magno della Formula 1 Max Verstappen al suo ingresso nella massima serie delle ruote scoperte.

Dubbi e domande

Ci si domandava se il figlio di Jos, e tutta questa velocissima e precocissima generazione di diciotto-ventenni insieme a lui, stessero correttamente interpretando le traiettorie dell’automobilismo, utilizzando la F1 come un punto della carriera e non come luogo ultimo della carriera stessa. Insomma, talento ed esperienza  parte, che rimane di un ragazzo -si chiami Vergne, Verstappen, Buemi, Alguersuari o Kvyat poco importa- che dopo uno o due anni nel circus viene fagocitato e poi allontanato a ventidue anni? Ed ancora, la cantera Red Bull è una straordinaria fucina di talenti o un frullatore in massima scala che non bada a sentimentalismi e giri di parole quando c’è da bocciare un ragazzino?

Tutte queste domande, fatalmente, rimangono ancora debitamente valide e la risposta alle stesse non può e non deve essere cercata in quanto accaduto nel Gran Premio di Spagna di ieri in terra di Catalogna. Si sia dalla parte dei detrattori, o di chi già grida al fenomeno, tutti all’unanimità dovremmo essere contenti di avere assistito ad uno straordinario momento di sport, ad una di quelle giornate che verrà ricordata, e raccontata, per gli anni a venire. È stato come vedere tutti insieme illuminarsi un bagliore nel cielo estivo. Come guardare un grande spettacolo di fuochi d’artificio cui si era solo parzialmente preparati.

Di nuovo, si badi bene, la gara di ieri non colloca il giovane Max nel firmamento dei Senna, degli Schumacher o dei Prost come erroneamente si è detto nelle scorse ore. Paragoni del genere vanno lasciati nell’importante cassetto cui competono, e si deve imparare ad usarli con giudizio e parsimonia, se non si vogliono annichilire tutte le giuste gerarchie della storia sportiva. Quello che ieri ha dimostrato Verstappen è qualcosa di forse più importante per la sua stessa carriera: ovvero di essere diventato un solido pilota di Formula 1. Qualcuno che possiede la forza mentale, il coraggio e la freddezza per vincere qualcosa non appena gliene si presenta l’occasione.

Talento indiscutibile

Ovviamente il ragazzo è un fenomeno. Tutti i piloti di Formula 1 lo sono, e certamente anche qualcuno degli esclusi. In uno sport in cui partecipano solo 22 atleti l’essere fenomeni è il minimo sindacale richiesto dalla categoria. Anche Haryanto, Palmer, Magnussen e Wehrlein sono dei fenomeni: è impossibile discutere su questo. Il punto è precisamente che essere un fenomeno non basta per vincere un gran premio di Formula 1. Men che meno un Campionato. Altrettanto ovvio è che gli astri si siano allineati come accade solo una volta ogni trentadue lustri, con le Mercedes fuori al primo giro, con le Ferrari che hanno preferito utilizzare strategie rischiose e con una Red Bull (maneggiata per la prima volta 3 giorni prima) straordinariamente performante nelle tante curve lente del circuito catalano. Fatte tutte queste premesse, che sono giuste e debite, rimane comunque il difficile, ovvero vincere la gara dinanzi a un Campione del mondo, davanti al compagno di squadra e davanti al più titolato avversario per il Mondiale dopo la coppia Hamilton e Rosberg.

Chiamarlo destino non è nè giusto nè sbagliato, ma semplicemente un punto di vista. Quello che però non si può negare è che il ragazzo si sia fatto trovare pronto. E questo è già un grande punto di partenza. Max da ieri non è diventato un Campione, si badi bene, ma semplicemente qualcuno cui è stato chiesto di mostrare le carte e che ha dimostrato di averle in piena regola.

Ecco perchè occorre prudenza, con le parole e con le aspettative. Anche solo per non far sbiadire troppo in fretta quel lampo bellissimo visto ieri.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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