Prove generali di Formula 1, quella nuova, quella ancora tutta da capire, tutta da interpretare. Il GP di Australia vinto da Nico Rosberg è solo parzialmente la cartina di tornasole di questa F1, così rinnovata e così criticata. Parzialmente, perchè per il circus post Australia ci sono buone e cattive nuove, in ogni caso da esaminare.
Laddove ci si aspettava un disastro annunciato, tanto da far dire a Charlie Whiting di abolire la regola dei 107 e via discorrendo, i Team si sono invece fatti trovare abbastanza pronti all’appuntamento australiano, con l’eccezione di Lotus e della RB10 di Sebastian Vettel. Parimenti non era un mistero, da diversi mesi ormai, che le vetture motorizzate Mercedes fossero le più avanti di tutti a livello di prestazioni ed affidabilità. Rosberg, una volta scomparso dalla corsa il compagno di squadra, non ha avuto alcuna difficoltà a portare il muso della sua freccia d’argento al traguardo, senza che mai Ricciardo, Magnussen o le rosse potessero mettere in dubbio la vittoria del tedesco.
Insomma, la buona notizia è che la F1 -almeno in termini di reazione- ha retto abbastanza bene allo scossone enorme portato dal massiccio cambio di regolamento. Non solo 15 delle 22 vetture partenti sono arrivate al traguardo, ma c’è anche la sensazione diffusa che le nuove monoposto non impiegheranno molto tempo a riportarsi sui livelli prestazionali delle vecchie generazioni. Con ottima probabilità, quelle che dovevano essere macchine lentissime e poco affidabili torneranno ad essere nel giro di pochi mesi ingranaggi perfetti e velocissimi, con buona pace dei numerosi criticoni da bar che avevano visto in Albert Park la nuova Caporetto dell’automobilismo.
Da aggiungere, sempre nella casella delle faccende positive, c’è anche che questo soqquadro di regole e lineup ha messo in luce numerosi nuovi talenti del volante. Le nuove generazioni, Magnussen, Ricciardo e Kvyat hanno dimostrato di non avere nulla davvero da invidiare ai più blasonati compagni di squadra e di non avere alcun timore reverenziale nei confronti dei vecchi baroni. E non è cosa da poco in una Formula 1 totalmente ridimensionata, costruita su vetture nervose, difficili da gestire e in cui -grazie a Dio- il pilota è tornato a fare il pilota. Roba non da poco, se si pensa che fino all’anno scorso si lamentava la troppa elettronica e la quasi totale inutilità del pilota all’interno di sistemi perfetti che tutto gestivano e tutto controllavano autonomamente.
Quello che forse ancora convince poco, e lo dimostra la squalifica di Ricciardo, è la questione consumi e flussi di benzina. Ora, qui non si vuole questionare se la Red Bull fosse o meno da squalificare (lo dimostreranno i controlli e gli approfondimenti), ma è opportuno chiedersi quale sia il ruolo tecnologico e sportivo della massima serie del motorsport mondiale. Essere seduti su veri e propri prodigi della tecnica su cui però si può schiacciare sull’acceleratore solo il sessanta per cento del tempo ha poco senso, così come ha poco senso muoversi verso monoposto sempre più “ibride” mentre poi il carrozzone -come giustamente sottolineato da Ecclestone- si muove su centinaia di enormi truck che stanno esattamente all’opposto delle questioni ambientali poste al centro da Jean Todt. La Formula 1, per sua stessa essenza, deve essere la corsa dei massimi sistemi, delle esasperazioni tecnologiche e delle sfide al limite: mentre certamente ci si potrà abituare ai rumori soffusi dei nuovi propulsori e ai nuovi discutibili design dei musi, quello che rimarrà incomprensibile è come e perchè si debba correre al risparmio.
In conclusione, quella di Albert Park è stata la prova generale della nuova epoca, che certamente non ha portato -come in tutte le prove generali- grosse sorprese e grosse emozioni. Al contrario, diciamocelo, l’overture australiana del circus è stata noiosetta anzichè no e lo sarebbe stato ancor di più se a farle da background non ci fossero state un gran numero di polemiche, sospetti e drammi da cambio di regolamento. C’è con tutta probabilità da aspettarsi che i valori in campo non saranno a fine anno quelli di Melbourne, ma che tutto -lentamente- si riporti ad una condizione non troppo lontana da quella degli anni passati.
Per il momento, la Formula 1 se la cava con un sei striminzito. Non è grossa cosa, certo, ma non è neanche tutto da buttar via.
Emanuele Venturoli
RTR Sports
Pictures from the web