La vera scoperta dell’America la vedi solo dal terzo gradino del podio, quello occupato da un Andrea Dovizioso distrutto ma felice alla fine di un gran premio di Austin dominato da Marc Marquez. Borgo Panigale ride e ne ha ben donde, perchè il ragazzo di Forlimpopoli riporta la rossa là davanti dopo più di un anno e mezzo: tanto era passato da quando Rossi aveva fatto segnare l’ultimo podio Ducati a Misano nel 2012.
Il cavaliere solitario
Per le prime due piazze, purtroppo per lo show, non c’è storia: il cabroncito esattamente come l’anno scorso mostra che gli Stati Uniti sono solo affar suo, davanti tutto il weekend fin dal venerdì in una prova di classe, forza e solidità mentale che può solo lasciare a bocca aperta. Pedrosa prova a stargli dietro, da fido scudiero, senza mai mollare il passo, ma non ha lo spunto necessario per puntare alla prima piazza. I due spagnoli, al momento, fanno un campionato a sè, sia per mezzi tecnici che per costanza di prestazioni, e sorge il dubbio che a meno di repentini cataclismi la stagione possa essere in fresco come lo champagne già dall’estate.
Gerno di Lesmo, in arte Yamaha Factory, dimostra di essere anni luce lontana dalla pista texana, Rossi e Lorenzo chiudono in ottava e decima posizione dopo una domenica da dimenticare. Il maiorchino, dopo l’errore di Losail, si fa prendere dalla voglia di rivincita e parte inspiegabilmente cinque secondi netti prima degli altri, ottenendo un meritato drive through che -inutile dirlo- gli costerà la gara. Siamo solo al secondo Gran Premio, vero, ma a Jorge manca ancora il bandolo della matassa, psicologicamente annientato da un Marquez che ha pure iniziato a fargli gli scherzi il venerdì nelle prove libere.
Se Atene piange, Sparta comunque non ride e Valentino, dopo una prima parte di gara eccellente è costretto ad arrendersi al crollo verticale della sua gomma anteriore, che gli fa perdere tutte le posizioni meritatamente conquistate nei primi giri. Il dottore di Tavullia ancora una volta spiega a tutti che la classe non è acqua, mostrando alcuni sorpassi e manovre da leccarsi i baffi, ma nulla può quando la sua M1 decide che l’anteriore è stanca e smette di frenare e piegare. Una cosa è certa: a differenza della Honda, specie Factory, la Yamaha ha ancora tantissima strada da fare per trovare un giusto assetto e sopratutto tentare di ricucire l’ormai ufficializzato strappo con Bridgestone.
Bradl, Smith e Pol Espargaro offrono un bel duello per la quarta piazza, conquistata con merito dal tedesco di Cecchinello. Benissimo anche Iannone, terzo per tutta la prima metà di gara, poi infilato dalle due Tech 3 e, appunto, dalla Honda LCR.
La scoperta dell’America, se ce ne è una, è dunque una ritrovata Ducati e una Yamaha in devastante debito d’ossigeno e di idee. La casa dei tre diapason deve ritrovare terreno e punti, in fretta. A livello di talento puro, infatti, l’unico che può dare del filo da torcere a Marquez è Lorenzo, che per il momento non è però neppure nei primi 10 del campionato a conti fatti. La prossima tappa è l’Argentina, circuito nuovo e senza riferimenti per tutto il paddock. Nella stessa condizione, l’anno scorso, Marquez trionfò proprio ad Austin, dando prova di una capacità di adattamento e di apprendimento non comune. Agli altri ora serve davvero una buona idea.
Bella scoperta.
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