Enzo Ferrari
“Ho trovato uomini che indubbiamente amavano come me l’automobile. Ma forse non ne ho trovati altri con la mia ostinazione, animati da questa passione dominante nella vita che a me ha tolto il tempo e il gusto per quasi ogni altra cosa. Io non ho alcun diverso interesse dalla macchina da corsa”.
Diceva così Enzo Ferrari parlando di sè stesso ad una vecchia intervista a Repubblica. È vero, non ce ne sono stati altri come il Drake, ma è altresì vero che una parte di quell’ostinazione e di quell’ossessione rossa pare oggi animare il cuore e l’animo di ogni tifoso Ferrari. E di ogni domenica che, come quella appena trascorsa, si tinge di rosso. Un sogno, un’esplosione. Sebastian sbanca l’Australia, i due in argento sono finalmente piegati: non dispersi nella ghiaia, ma sconfitti al traguardo, con un deca di ritardo.
C’è ancora una certa differenza
Ora, sia ben chiaro: chi pensa che il gap con le Mercedes sia appianato, sbaglia. Stoccarda è ancora davanti, su molti punti, e la Cina ne sarà -temo- degna testimone. Così come i due Tori, che non sono indietro come dà a pensare la classifica di Albert Park. Però sì, ed ora lo si può dire con certezza, Maranello ha passato l’inverno da buona formichina, e il divario dalla concorrenza è quantomeno rientrato entro distanze più concilianti.
A Cesare quel che è di Cesare: la Rossa è gentile con le gomme, dotata di un buon motore e finalmente docile nel misto veloce. A Melbourne le frecce argentate hanno deposto le armi proprio perchè la loro macchina consumava più gomma della Rossa e più in fretta. Hamilton non ha sbagliato a cambiare mescola una mezza dozzina di giri prima di Vettel: semplicemente non poteva fare altro. Poi, e questa è la meraviglia, non l’ha più preso.
Dal canto suo, il tedeschino che sembra sempre più uno di Spilamberto o di Castelfranco Emilia, corre la gara perfetta senza sbavature. Questa Formula 1 dalle gomme larghe e dalle grandi ali indubbiamente piace a Vettel, che si è sempre trovato meglio con vetture dal grande carico e velocità di percorrenza come le Red Bull disegnate da Newey dei quattro titoli mondiali. A bordo della sua Gina (probabilmente il dettaglio meno brillante dell’inverno ferrarista, questo nome), Seb rifila 10 secondi a Hamilton, 12 a Bottas, più di 22 al suo compagno di garage Raikkonen e quasi 30 a Verstappen. Il pugno -a favore di telecamera in tutta onestà- di Toto Wolff al rientro di Vettel in pista dopo il pit stop è la misura non tecnica di un overture che non è andata come ci si aspettava nella casa della stella a tre punte. Bene così.
Patologie del tifoso a parte, la vittoria Ferrari è un punto importante per il Campionato e per lo sport in generale. Specie in un momento storico come quello presente, è necessario che là davanti ci sia qualcuno in grado di combattere se non per il titolo almeno per un po’ di champagne. In tal senso, non solo è importante che la SF70h giochi un ruolo di prim’ordine, ma che anche le Red Bull di Ricciardo e Verstappen trovino un po’ dello smalto che non sono riuscite a mostrare down under.
Allacciate le cinture, si va a ricominciare.