In MotoGP

cuzari-deangelisQuesto blog ha già parlato delle vicende di Giovanni Cuzari, che rimane innocente sino a prova contraria. Nel farlo, si era formulato il duplice augurio che il Team Forward potesse proseguire l’attività agonistica all’interno del Campionato del Mondo MotoGP e che si evitassero conclusioni affrettate e generaliste su chi lavora all’interno dell’ambiente del motomondiale. Avevamo liquidato la vicenda senza troppi dettagli, convinti del fatto che esercizi di ricamo gossipparo troppo elaborati non fossero dovuti ad una pagina così triste del nostro motociclismo.

Di contro, mi imbatto stamattina nell’ultimo post di un blog tradizionalmente ben redatto e piacevolmente curato. A dispetto della solita precisione redazionale, il post in questione muove dalla faccenda Cuzari, e dalle alterne vicende di Forward Racing, per affondare a cannoni spianati su altri e ben noti protagonisti del management dei Team MotoGP. Insomma, come a dire che da Forward ad Aspar a LCR il passo è breve.

Non è così. Nuovamente, non è mia intenzione criticare lo scritto altrui: sulle proprie pagine ognuno scrive ciò che preferisce, secondo coscienza e -ne sono certo- dotato di buona fede. Tuttavia, come vuole il detto, quandoque bonus dormitat Homerus, ed è importante fare gli opportuni distinguo, specie quando si mettono le varie pedine dentro il greve recipiente della frode fiscale e dell’illegalità.

In buona sostanza, porre sullo stesso piano e nella stessa pagina i fatti di Cuzari e le sventure occorse al Team di Cecchinello è operazione errata e poco rispettosa nei confronti dei protagonisti della storia. Da un lato c’è qualcuno che è stato arrestato per riciclaggio e fatturazione fasulla, dall’altro c’è un Team Manager che ha dovuto incolpevolmente assistere alle dubbie peripezie del suo main sponsor CMW. In Svizzera, le autorità competenti hanno preso in custodia Cuzari mentre i colleghi della perfida Albione hanno iniziato a sistemare l’affaire CMW. Cecchinello, al netto della sintesi, non ha nulla a che vedere con l’una e con l’altra faccenda.

Il problema non sono, come spesso avviene, i fatti in sè, bensì la narrativa che li circonda. Occorre dare un quadro preciso della situazione, altrimenti il rischio che si corre è quello di buttare via il bambino con l’acqua sporca. Se si confondono i virtuosi con i disonesti, le buona pratica con la malizia, l’operato serio con l’interesse personale, ebbene, allora tanto vale chiudere bottega e ritirare baracca e burattini.

E’ un curioso gatto che si morde la coda: da un lato -giustamente- si documentano gli sponsor che scendono dal carro Forward per evitare crolli di reputazione, dall’altro però si accusa il campionato di essere popolato da loschi manipolatori, domandandosi poi come mai gli investitori non facciano la fila alle porte di Dorna e dei Team. Insomma, delle due l’una: o si prosegue nell’esercizio di smontaggio cieco e sistematico, oppure si ricominciano a rassicurare i partner mostrando che non si fa di tutta l’erba un fascio.

Il clima di diffidenza e di mala informaciòn non giova nè al business nè allo sport. O si cominciano seriamente a separare i buoni dai cattivi, o poi non ci si può lamentare se sono tre piloti su venti a contendersi il titolo con minuti di distacco dal quarto e dal quinto. Chè questo sport non si fa solo in pista, ma anche negli uffici e nei motorhome. Ed esser messi tutti dalla parte dei furbetti non sta più bene a molti.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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