Una battaglia continua
Senza nulla togliere a Lorenzo Jovanotti, temo che vi sia un altro candidato al titolo di “il più grande spettacolo dopo il Big Bang”.
La Stagione di MotoGP a cui stiamo assistendo, infatti, è certamente, senza alcun dubbio, e senza tema di smentita uno dei più incredibili campionati sportivi degli ultimi dieci anni. Questo assunto, che in quanto assolutamente personale è evidentemente inopinabile, è valido internazionalmente e per la totalità degli sport, dal lancio del tronco alla gara di birra e salsicce.
Insomma, mentre il nostrano pallone si arrovella sui guai finanziari dell’Inter e il jeux internazionale si interroga sulla ratatouille mitteleuropea combinata da Blatter, Platini e soci, il Motomondiale di quest’anno entrerà facilmente negli annali come una delle più mirabolanti stagioni di sempre.
Raramente infatti si è visto, nello stesso anno e nella stessa disciplina sportiva un simile concentrato di talento, di “garra” sportiva e di indecisione sui risultati, complice anche un ritrovato equilibrio tecnologico frutto di regole sufficientemente oculate e di una serie di fortunosi allineamenti dei pianeti. A memoria di chi scrive, negli ultimi anni solo la Premier League del 2012 e la Stagione NFL del 2014 hanno posseduto un tale contenuto a livello agonistico e di suspence.
Da un lato, ed è corretto sottolinearlo, è raro trovarsi di fronte nello stesso momento a tre dei dieci più straordinari interpreti di sempre della disciplina. Vedere Marquez, Rossi e Lorenzo correre sulla stessa pista è come vedere Pelè, Maradona e Messi giocare sullo stesso rettangolo d’erba o Senna, Schumacher e Lauda essere al volante nella stessa gara. Questa “fenomenologia dei Campioni” è talmente palese da essere apprezzata persino dai meno avvezzi ai motori: insomma, è chiaro a tutti, appassionati e non, che ci si trovi in un momento straordinariamente florido in termini di talenti. Insomma, senza nulla togliere ai Gibernau e ai Barros, l’asticella pare essersi alzata vertiginosamente.
Dall’altro lato, è altresì vero che è forse necessario fare pubblica ammenda nei confronti del tanto vituperato organo decisionale Dorna, capace negli anni di traghettare lo sport verso tempi moderni in cui regnassero comunque un po’ di equilibrio e di buon senso senza buttare all’aria tutta la costruzione. A ben vedere, la cordata di Carmelo Ezpeleta è stata una delle poche, ad esclusione delle grandi Leghe americane, a lavorare veramente per livellare il mercato, permettendo anche a scuderie non ufficiali o satellite di possedere moto competitive e strumenti per lottare con le grandi. È vero insomma che a vincere il campionato sarà certamente una moto Factory, ma i grandissimi risultati conseguiti da Bradley Smith su Tech3 e da Maverick Vinales sull’esordiente Suzuki non sono roba da poco.
Oggi, mentre i team del paddock risalgono l’Oceano indiano per l’ultima delle 3 gare asiatiche, quella in Malesia, il Campionato rimane appeso ad un filo, con Rossi e Lorenzo sempre più vicini e le Honda e le Ducati a giocare il ruolo dell’ago della bilancia.
Una cosa è sicura: comunque andrà a finire sarà un successo. E anche questo, non l’ho detto io.