Giovedì mattina, 30 luglio, poi uno dice che non ha altro a cui pensare.
Ron Dennis è stato interrogato dai media dell’intero globo circa le recentissime dichiarazioni di Fernando Alonso sul canto sireniaco di altre, più genuine, categorie di racing. L’asturiano, cui peraltro non si può dar torto, ha semplicemente dichiarato ai microfoni che non è particolarmente eccitante rimanere in una categoria dove ad inizio anno parti ultimo e arrivi ultimo, parti secondo ed arrivi secondo, parti primo e arrivi primo. Dennis, cui è stato chiesto se Alonso volesse andarsene, ha risposto semplicemente che ai piloti piacerebbe correre in macchina, non stare attorno ad un tavolo a fare riunioni. Scusate, debrief, che fa più 2015.
Ma cosa succede?
The story so far. Per il 2016 la F1 ha abolito una delle tre sessioni di test precampionato, portando sostanzialmente a due le prove invernali della massima serie dell’automobilismo. Le monoposto potranno provare dall’1 al 4 e dal 15 al 18 Marzo 2016, prima di affrontare l’inizio della rincorsa all’iride a Melbourne il 3 aprile. E’ un faux pas di portata clamorosa, che non ha già portato ad una seria jeopardy dello sport unicamente perchè, nel dramma di Jules, c’era altro di più importante a cui pensare.
Senza girarci troppo attorno la Formula 1 diviene così il primo ed unico sport mondiale in cui non ci si può allenare. Non solo: diviene il primo sport mondiale in cui neppure lo staff, l’organizzazione e la dirigenza non si possono allenare. Qui non si parla solo di piloti, o di sviluppo della macchina. Si parla dell’impossibilità di provare in strada il lavoro e lo studio di squadre che contano centinaia di persone fra aerodinamici, meccanici, ingegneri, motoristi, analisti. É come lavorare in un cantiere navale in cui è fatto veto di avvicinarsi all’acqua. Non vi sono sottili ragionamenti filosofici da fare: è semplicemente illogico preparare un campionato che l’anno prossimo vedrà ben 21 Gran Premi con solo 5 giorni e mezzo di test.
Come sempre accade, la mannaia cala sui test brandendo lo stendardo dell’economicità. I piccoli team, si dice dall’alto, non possono permettersi le ingenti spese necessarie a sostenere test e prove di pre e metà campionato. Scorrazzare avanti e indietro da Barcellona, Spielberg e Jerez costa un sacco di quattrini: risorse che solo le poche grandi possono permettersi ma che non possono essere avanzate da team di metà o fondo griglia. Ipse dixit.
É un ragionamento contorto, specie se proveniente dall’organizzazione di uno sport che impone 21 gare in giro per il mondo e uno sviluppo ingegneristico ai limiti della aeroscienza, con motori e sistemi ibridi che costano milioni su milioni di euro. Ma soprattuto è un ragionamento che va contro lo sport stesso, contro la competitività e contro lo spettacolo. Con regolamenti di questo tipo infatti è impensabile che durante la stagione, ma anche durante le stagioni, cambino i valori in campo. Come dice Alonso, chi parte ultimo è praticamente condannato a rimanere ultimo.
Motori congelati, sviluppo inesistente e l’impossibilità di provare gettano la F1 nella spiacevole situazione di congelarsi all’interno di ere storiche largamente dominate da questo o quel costruttore: ieri c’era la Red Bull, ora la Mercedes. In nome dell’economia risibile e spicciola del breve periodo, la massima Formula rischia di perdere tutto l’appeal di sponsor, partner e sostenitori, che necessariamente si rivolgeranno verso competizioni e discipline più affascinanti e meno immobilistiche.
Occorre meditare. E non dimenticarsi che questo sport è, prima di tutto, soprattutto uno sport.