Sebastian, Jules e i colori del mare. Ci sono settimane lunghe come anni, come secoli, come ere intere. Sciolte nel caldo torrido e immobile delle grandi città, soffocate fra reflussi di condizionatori, ricordi e rimorsi. Settimane lunghe come l’attesa di domande senza risposte, di lacrime mai troppo fredde.
E ci sono pomeriggi domenicali, bagnati dal rumore delle onde che si frangono sulla sabbia, illuminati da un lampo rosso che sfreccia fra il saliscendi dell’Ungheria. Ci sono applausi, di qua e di là dagli schermi, abbracci di gente che oggi si sente un po’ meglio, un po’ più vicina.
E’ tutto così lontano, e così stranamente vicino. Spazi e tempi che si mescolano e si confondono, si annodano in un’unica inesplicabile corda, una fune che tutto lega e tutto stringe.
Lo capisci da qui, quando vedi i colori del mare fondersi con il tramonto, ed è tutto difficile da spiegare. E’ strano, ma bello. Bello forse proprio perchè non c’è una ragione sola o un’ultima parola.
E’ un po’ così, l’amore per questo sport.
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