Mourinho al Chelsea: cosa spinge l’allenatore più famoso del mondo a tornare sui suoi passi?
mourinho chelsea 2013
“Voglio andare dove so di essere amato, mentre qui in Spagna c’è gente che mi odia”. È più o meno con queste parole che Jose Mourinho, all’indomani della vittoria contro il Borussia Dortmund nella semifinale di Champions League, comunque inutile per raggiungere la finale, ha fatto capire al mondo del pallone che la sua storia a Madrid stava per finire e che il futuro, con ogni probabilità, avrebbe riabbracciato un pezzo importante del suo passato.
Le smentite di rito e gli ultimi impegni agonistici hanno poi reclamato il loro spazio, ma oggi, a palla ferma, l’ufficialità dei comunicati ha sancito il ritorno del “vate di Setubal” sulla panchina di Stamford Bridge. Una mossa che suscita diversi interrogativi e che non trova pareri unanimi né tra i (tanti) detrattori dell’allenatore più vincente degli ultimi anni né tra i suoi (altrettanti) estimatori.
Comunque la si pensi, la scelta sembra dettare un cambio di rotta del tecnico portoghese, che fino a oggi ha sempre messo al primo posto gli obiettivi di carriera rispetto alle “ragioni del cuore“: andò all’Inter per confrontarsi con il calcio italiano, per lui tappa obbligata nel curriculum di un allenatore di primo livello, e lasciò i neroazzurri per inseguire il sogno della terza Champions con tre squadre diverse, impresa mai riuscita a nessun tecnico. Queste sono sempre state le priorità professionali con cui tutti hanno imparato a conoscere Mourinho, irremovibile nella sua perseveranza al di là dell’affetto, più volte dichiarato nel corso degli anni successivi, per la squadra di Moratti e al di là del pianto sincero fuori dal Bernabeu nella serata di gloria dell’Inter campione d’Europa.
Ora, invece, alla soglia dei 50 anni, la scelta di tornare al Chelsea sembra aprire uno spiraglio sentimentale nella parabola della carriera del mister lusitano: è vero, la prima avventura sulla panchina londinese terminò con un esonero, e sicuramente l’orgoglio di voler conquistare quella Champions che allora gli sfuggì ha avuto il suo peso, ma l’impressione è che Mourinho abbia sofferto più di quanto mai ammetterà nei tre anni al Real Madrid, e tornare in un ambiente che conosce e dove sa di essere apprezzato ha sicuramente giocato un ruolo decisivo nella scelta. Il rapporto con il proprietario della squadra Abramovich, al di là, forse, del periodo subito successivo all’esonero, non si è mai incrinato inesorabilmente, e il tempo ha lenito le ferite e appianato le divergenze, aprendo le porte per un ritorno senza rancori. Al di là dei toni scontanti di questi annunci, la soddisfazione traspare dalle parole dell’amministratore delegato del club Ron Gourlay, che assicura come al Chelsea “sembra che tutti non vedano l’ora di lavorare con Mou”.
Con altrettanto certezza, però, si può dire che l’affetto e la voglia reciproca di “riprovarci” non sono stati gli unici fattori ad avere avuto un peso specifico nella scelta di Mourinho: il suo obiettivo, infatti, rimane quello di vincere. Sempre. E i club pronti ad allestire una rosa a suon di acquisti da prima pagina per essere competitivi in Europa non sono molti. Tante di queste squadre, inoltre, hanno la panchina più o meno assegnata già da tempo, e forse solo il PSG è stata l’unica, vera, alternativa possibile ai Blues.
Tutta la verità, come è giusto che sia, non si saprà mai, ma nel calcio tutto quello che c’è stato prima conta molto relativamente nel momento in cui l’arbitro fischia l’inizio della partita. Jose Mourinho è tornato al Chelsea, e nel suo primo messaggio da manager ufficiale ha ribadito ai tifosi le stesse promesse che fece al suo primo arrivo nel 2004: passione, amore e dedizione. Firmato “uno di voi“.
La parola, ora, passa al campo, con l’impegno della Supercoppa Europea che già si profila all’orizzonte, contro quel Bayern Monaco allenato da un certo Pep Guardiola. Forse, allora, non è cambiato proprio tutto…
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Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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Jim Wright
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