Per la prima volta nella storia del Marketing Sportivo ci troviamo a confrontarci con un’imponente corsa di brand e partner verso lo stesso, ristretto nucleo di property sportive. Stiamo ovviamente parlando dell’imponente numero di sponsor che si sta riversando sul comparto Formula 1, ridisegnando potentemente lo scenario.
Quello che è accaduto in questi ultimi mesi è in realtà un fenomeno molto comune nella modernità ma che raramente abbiamo visto applicato a strumenti di marketing così specifici come la sponsorship nella massima serie delle quattro ruote: la Fear Of Missing Out, spesso conosciuta con il suo acronimo di FOMO.
La FOMO: genesi e sviluppo di un fenomeno moderno
La FOMO inizia a venire teorizzata alla fine del millennio scorso in uno studio del 1996 di Dan Herman e viene poi resa popolare da un paper di Patrick McGinnis del 2004 apparso su Harbus, il magazine della Harvard Business School. McGinnis teorizza che la tendenza all’idealizzazione e poi all’emulazione dell’esperienza positiva altrui (ciò che gli anglosassoni riassumono con la locuzione Keeping up with the Joneses) viene resa ancora più estrema dal proliferare delle nuove tecnologie, che espongono l’individuo a un numero crescente di racconti e immagini altrui.
Le intuizioni di Herman prima e McGinnis poi si rivelano azzeccate, e il fenomeno esplode nella quotidianità. I social media, così come le grandi piattaforme di informazione ed entertainment ci mettono costantemente di fronte a trend, mode e grandi oggetti di culto che creano una importante dicotomia fra chi ha avuto quell’esperienza e chi, irrimediabilmente, ne è rimasto escluso. Sia la serie televisiva che tutti hanno guardato, la trasmissione televisiva che nessuno ha perso o il popolarissimo thread sui social media, sono molteplici le occasioni in cui -ogni giorno- gli individui -sopratutto i giovani e giovanissimi- soffrono della paura di essere lasciati fuori dalla cosa di cui tutti parlano e di cui non si può fare a meno di sapere.

Disney, le sponsorizzazioni in Formula 1 e la nuova età dell’oro
È di oggi, 20 Maggio 2025, la notizia che il Gruppo Disney sarà partner del Campionato del Mondo di Formula 1 dalla stagione 2026, tramite il marchio Mickey & friends.
“Negli ultimi anni –si legge nel comunicato ufficiale diramato dalle parti– la Formula 1 ha registrato un’enorme crescita tra i fan più giovani e i dati mostrano che più di quattro milioni di bambini di età compresa tra gli 8 e i 12 anni seguono attivamente il circus in Europa e negli Stati Uniti, mentre il 54% dei follower su TikTok e il 40% su Instagram hanno meno di 25 anni. Il nuovo rapporto è rafforzato dalla comune affinità dei due marchi per la creatività, l’intrattenimento e l’innovazione e per riunire i fan in tutto il mondo attraverso esperienze indimenticabili e uniche nel loro genere.”
È l’ennesimo mega-deal che il massimo campionato a 4 ruote del pianeta sigla negli ultimi mesi e che conterrà, dicono le voci, sia un accordo di licenza che un sostanzioso pacchetto di marketing e media rights.
La multinazionale americana si unisce ad un portfolio di sponsor cresciuto in maniera impressionante negli ultimi mesi e che vede ora nomi del calibro di LVMH, Barilla, Lego, Nestlè, Mc Donald’s affiancarsi ad un già stupefacente gruppo che comprende, fra gli altri, Aramco, Heineken, Salesforce, Lenovo, DHL e Qatar Airways.
Entrata nel suo settantacinquesimo anno, la Formula 1 è ben più di un campionato sportivo. Sotto la guida di Liberty Media il revenue del Circus ha raggiunto lo straordinaria cifra annuale di US$3,65 Billion. In questo numero a crescere a tripla cifra è proprio il compound della sponsorizzazione, che ha visto un incremento del 134% da quando il gruppo americano ha completato l’acquisizione della serie.
Il campionato -oltre ad avere allungato il calendario ed essere pronto a ospitare circuiti nuovissimi e altamente spettacolari, sulla scia del positivo ingresso di Las Vegas e Miami- attende anche l’ingresso di altri importanti nomi dell’automotive, Ford, Audi e Cadillac, con quest’ultima destinata ad essere l’undicesimo team in griglia già dalla prossima stagione.
È una nuova età dell’oro per uno degli sport più popolari del globo -l’audience cumulativa del 2024 è a nord di 1,6 Miliardi di spettatori- e una delle piattaforme di marketing più potenti della modernità.

La sponsorship FOMO e i brand che non possono non esserci
È proprio questo clima di roboante crescita ad alimentare quella che a tutti gli effetti sembra essere una Sponsorship FOMO, ovverosia una paura di essere lasciati fuori dall’orbita di questa straordinaria supernova di marketing che sta attraversando il pianeta terra in questi anni.
Per il Gotha del business mondiale, semplicemente, non si può non esserci.
Non solo i partner del Campionato, ma anche quelli dei Team, dei Circuiti e di tutto il paddock stanno aumentando a ritmo crescente, al punto che alcuni settori merceologici sono completamente “non available”. Se di Real Estate si tratta, per alcune industry siamo prossimi al punto di saturazione – almeno fino a quando i team e gli organizzatori non decideranno di frammentare ulteriormente alcune categorie per aggirare il principio dell’esclusività merceologica.
Questa tendenza ci racconta verosimilmente alcune cose sullo stato dell’arte della sponsorizzazione in Formula 1.
In primo luogo e come si è già detto su queste pagine, l’obiettivo della awareness ha da tempo perso la centralità della scena. Brand come Vuitton, Disney, Nestlè e Lego certamente non sono nello sport per aumentare una popolarità già stellare. Al contrario, sono probabilmente qui proprio per ricalibrare e meglio indirizzare la loro influenza e area di interesse, puntando sul lusso, sulla tecnologia e su un pubblico altospendente e energico.
In secondo luogo, questa golden age e questa apparente FOMO dei business ci racconta che sempre più importante è quello che accade dietro le scene, in quell’importantissimo tessuto di B2B che da sempre è il terreno più fertile delle corse. Il paddock, e forse più ancora le super hospitality del paddock club, sono imperdibili luoghi di business in cui stringere mani, siglare accordi e incontrare il “who’s who” dei più prestigiosi giri d’affari. Anche in quest’ottica è necessario leggere l’impressionante aumento dei prezzi delle più prestigiose soluzioni di ospitalità, chiaramente rivolte più ad un pubblico aziendale che al pur abbiente appassionato.
Infine, e sia LEGO che Vuitton lo hanno ampiamente dimostrato ultimamente, la Formula 1 è diventata un terreno di grande avanguardia per quello che riguarda l’attivazione creativa, il marketing esperienziale e le PR d’eccezione. Temi questi che non possono non essere nell’agenda di qualsiasi brand che punta ad essere top of mind.
E poi, appunto, c’è la FOMO, l’effetto bandwagon, quella voce nei corridoi che dice che per essere au courant del business mondiale si deve essere lì, costi quel che costi. E anche questo, oggi, è un fatto con cui bisogna fare i conti.

Sponsorizzare per restare
In una modernità frenetica, granulare e guidata da grandi vettori di passione che viaggiano sulle direttrici della comunicazione e dell’entertainment tutti i prodotti competono per gli stessi asset: lo share d’attenzione, il superamento delle difese cognitive del consumatore e l’accesso a quella grande sorta di cultura e coscienza popolare all’interno della quale tutti noi viviamo.
È in questa grande corsa che si devono collocare anche i più recenti sviluppi del marketing prima e della sponsorizzazione sportiva poi. In quest’ottica, sponsorizzare significa posizionarsi, restare, non venire esclusi, partecipare, essere presenti.
La Formula 1 di oggi, una disciplina che sta conoscendo un’ascesa di popolarità straordinaria e ben superiore a quella degli altri sport mondiali, sta dimostrando che se le piattaforme di marketing sono in grado di restituire ai brand quei valori e quel meccanismo premiante che essi cercano si possono creare storie di straordinario successo.
Folle in festa, miliardi di spettatori davanti alla televisione, tecnologia, celebrità, adrenalina e creatività sono un cocktail da cui nessuna azienda vuole essere esclusa perchè perdere il treno oggi significa rimanere fuori da una conversazione che è troppo importante per essere lasciati fuori dalla stanza.
Quello che sta accadendo oggi è un cambio di paradigma decisivo per la disciplina. Quello che stiamo vivendo, un momento che definirà le regole del gioco per gli anni a venire. Sarebbe davvero un peccato, per l’appunto, rimanerne fuori.