In Calcio

Antonio Conte conferenza stampa italia albaniaLa versione pallonara dell’Antonio Furioso va in scena ieri a Genova, dopo la amichevole d’esibizione con un’Albania volenterosa ma nulla più.  1-0 per il tricolore nostrano, schierato da Conte in versione supersperimentale che manco al MIT di BostonDirò d’Antonio in un medesimo tratto cosa non detta in prosa mai, nè in rima, che per la Nazionale venne in furore e matto, d’uom che sì saggio era stimato prima.

Poema in tre atti con ouverture postprandiale, motivo del pregara e chiusura col botto in conferenza stampa. Il ciuffo nazionale, punzecchiato a fuoco lento dai giornalisti presenti in sala, ce l’ha con tutti: il sistema, gli allenatori, i giornalisti, Balotelli, il nostro calcio.

Non c’è tempo per lavorare, dice il cittì, gli allenatori di club non mi danno i giocatori, questo non è un sistema, non si può fare un progetto in questa maniera, di Balotelli non voglio parlare, questo è un prodotto in scadenza. Fuochi d’artificio e brindisi con le autorità alla frase “Questa nazionale ha comunque vinto 5 partite e pareggiato in un’occasione. Veniteci a battere“. Nota del redattore: non è fatta menzione, durante la performance ligure, del fatto che abbiamo giocato contro formazioni semiparrocchiali soffrendo come un Mastino dei Pirenei a fine luglio e mostrando una cifra tecnica da torneo UISP. Comunque, alla calcolatrice non si comanda.  

Purtroppo però terminato lo sfogo, delle parole di Antonio resta poco. Egli stesso conosce bene il cliff d’attenzione -così parliamo forbito, che fa tanto blog colto- che c’è quando si parla indossando la casacca della Juventus o il vestito della Nazionale. E soprattuto quando il Campionato incombe e le competizioni internazionali che contano sono lontane. Don Antonio vorrebbe che, ora, la camiseta azzurra fosse il primo e principale pensiero dell’intero sistema calcio italiano: si riparta dall’Italia per riformare il calcio, dice. E sulla carta non è neppure una idea balzana. Un po’ alla “armiamoci e partite“, se volete, ma neppure male.

Purtroppo, è un’idea scollegata dalla realtà. Ed è singolare che Conte non se ne renda conto, da ex allenatore di un top club quale è. Questo perchè le società rispondono nisba quando gli si chiedono campioni pagati milioni di euro con rischio di vederli spaccati come un Vaso della dinastia Ming in una partita contro le Isole Far Oe del caso. Risposta simile arriva dagli allenatori, che già con i tempi che corrono sentono la brace ardere da sotto la panchina, figuriamoci chiedergli in prestito quelli buoni a metà stagione.

Non mentiamoci: la Nazionale è una rappresentativa, non una squadra di Club. Non si può pretendere di lavorarvi come si fa con un organico a disposizione due volte al giorno per nove o dieci mesi consecutivi. Non è neppure questo, se vogliamo dirla tutta, il senso della Nazionale: non la si deve avere in campo ogni 15 giorni, anche se è comprensibile che un tecnico (a qualunque livello) lo desidererebbe.

Piuttosto, non si trasformi il giochino nella favola della volpe e l’uva, mascherando l’assenza di risultati dietro il fantoccio del poco lavoro, poca collaborazione, poca sinergia. Si dica anzi che il gioco e i risultati sono funzione del modesto talento degli 11 in campo e della poca, pochissima garra espressa. Non si butti nel pentolone tutto il sistema delle scuse miste, dalla Federazione al meteo. Il rischio è che invece di un ottimo arrosto, si faccia la frittata.

PS: ultima considerazione, personalissima. E’ un peccato che la messa in scena dell’Antonio Furioso abbia sottratto attenzione pubblica ai fatti gravissimi di Genova e della Liguria tutta. Non per stare dalla parte del volgo, ma per essere un’amichevole contro i disastri meteorologici, di emergenza ligure s’è parlato davvero poco.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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