Un passo indietro. La scena è la seguente.
Giugno, bel sole, circa le tre del pomeriggio. Tinker Hatfield e Josh Heard escono da casa di Michael Jordan. Quel Michael Jordan. E no, non quella casa, non quella con il 23 sul cancello, ma quella che l’atleta più famoso della storia dello sport possiede all’interno del Private Golf Club di Park City, nello Utah. Una residenza semisconosciuta ed immersa nel verde. Serve per il golf. Ha tre piani e nove camere da letto.
Hatfield e Heard sono due signori sulla sessantina, non troppo alti, non troppo magri. Capelli bianchi ed occhiali da sole. Li vedreste bene in una puntata di CSI, per dare l’idea. Camminano per il vialetto di casa Jordan, spalle alla porta d’entrata, dirigendosi verso il grande SUV nero che li aspetta e stringono in mano un sacchetto di stoffa in cui è avvolto un paio di scarpe.
Mentre stanno salendo in auto, Jordan si precipita fuori dalla porta di casa, ancora in calzini e pantaloni corti e urla lungo il vialetto. Le parole esatte non se le ricorda nessuno, ma dovrebbero essere qualcosa del genere. Ehi, ma vi state portando via le mie scarpe?
Sipario.
Lunedì sera, il 3 dicembre per l’esattezza, Nike ha presentato a pochi fortunati le Jordan XX8, ventottesimo modello uscito dalla Jordan Brand, il marchio spinoff della famosa casa con il baffo. Non è una presentazione come le altre. Nike la organizza in un’enorme stanza buia al penultimo piano dello SkyLight di New York City, al 500 della 36esima. Downtown Manhattan, il centro del mondo. Nella stanza c’è gente come Carmelo Anthony, Russell Westbrook, Spike Lee, JayZ. Non è esattamente la vostra festa della medie.
E se le avete viste, le Jordan XX8 non sono esattamente il vostro classico paio di scarpe da basket. Nere come la pece, ricoperte da un lucidissimo rivestimento che arriva quasi a metà polpaccio, le Jordan 28 somigliano più ad un paio di anfibi che ad un paio di calzature tecniche. Basta però aprire la chiusura lampo per scoprire un interno verde fosforescente con il grande logo di Jordan sulla linguetta. Una scarpa nella scarpa, assurda, anche questa, marziana. In realtà, quest’apparenza futuristica nasconde la calzatura più performante mai prodotta da Nike. A 99 grammi, è la scarpa da basket più leggera mai realizzata, con suola in fibra di carbonio e una gomma di nuovissima generazione, più leggera e più reattiva. Tutta la tecnologia sviluppata per la pallacanestro da Nike negli ultimi 15 anni è qui dentro: il Flywire, lo ZoomAir, tutto.
La presentazione è più simile ad un concerto dei Chemical Brothers che all’unveiling di una scarpa. Musica elettronica, laser che volano in giro per la stanza, luci verdi fosforescenti, stroboscopi e le parole “Confident. Original. Driven. It’s not for everyone” scandite dagli altoparlanti.
Nike ha disegnato queste scarpe con i suoi uomini migliori, quegli Heatfield e Heard che hanno prodotto i più grandi successi dello swoosh degli ultimi venti anni. A questi due uomini, Nike ha dato carta bianca: fate quello che volete, fatela straordinaria, non avete limiti di budget, di personale, di disponibilità. I due hanno preso in parola la richiesta, hanno disegnato prima la parte interna e poi l’hanno portata di persona a Jordan (MJ e Heatfield sono vecchi amici, fin dal 1985, primo anno di Jordan nell’NBA) e gliel’hanno fatta provare. “E’ straordinaria -ha commentato il più grande di sempre- è la migliore che abbiate mai fatto”. La leggenda vuole anche che Heatfield e Heard si siano poi riportati via le scarpe, lasciando Michael a bocca asciutta per la prima volta dopo vent’anni. Il pomeriggio stesso i due avrebbero portato la scarpa al Technology Center di Nike nell’Oregon per iniziare i test sul campo.
È l’ennesima sfida di Nike sul fronte Jordan, in una rincorsa che sta diventando sempre più folle, poichè l’obiettivo dichiarato è quello ogni anno di produrre la scarpa definitiva, la più comoda, la più performante, la più stilosa. Non semplici scarpe, ma piccoli passi per entrare nella storia dell’abbigliamento sportivo. Non è un caso che, girando oggi per le nostre città, si vedano decine e decine di ragazzini con le Jordan I, le Jordan IV e i modelli seguenti. Ad oggi quelle sono le scarpe “cool”, definitive, che combinano stile, tradizione ed eleganza.
Forse in pochi sanno che non è sempre stato così, e che la tradizione di “rottura” di Nike Jordan nasce già dal 1985.
Nike progettò le prime Jordan in una combinazione di colori che comprendeva rosso e nero, come la divisa dei Bulls. Non solo non era usuale per la moda dell’epoca, ma anche fuori dal regolamento, poichè le calzature dovevano essere bianche. Per tutta la stagione, la NBA multò Michael Jordan di 5.000$ a partita, fino a quando il regolamento non venne cambiato l’anno successivo.
Forse, fra quasi 30 anni, le Jordan XX8 presentate a New York saranno un classico dell’abbigliamento casual: una scarpa vintage con cui nessun si sognerebbe mai di giocare (come oggi nessuno si sognerebbe mai di giocare con una Jordan I). Ad oggi sono una scarpa che non c’entra niente con il circostante, nata per rompere tutte le consuetudini e tutti i canoni.
Come dice il voiceover durante la presentazione, le Jordan XX8 non sono per tutti. Almeno oggi. Ma questo significa pensare in piccolo, e non è quello a cui ci ha abituati la casa con il baffo. Perchè la vera scommessa è nel futuro.
By Emanuele Venturoli - RTR Sports Marketing Nelle foto: Le Jordan XX8 Pictures from the web
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