In Formula 1

“Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l’ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno”

Come è universalmente noto, “Il Sabato del Villaggio” è una lirica sulle aspettative della vita, più che sul mero concetto di weekend. Leopardi e il suo sterminato genio hanno saputo mettere in versi la straordinaria eccitazione che ci pervade più quando attendiamo qualcosa che quando viviamo la cosa stessa. È meglio il sabato della domenica così come è meglio la Vigilia del Natale così come è meglio l’ultimo giorno di scuola delle vacanze stesse. Il maggior poeta dell’ottocento italiano è stato parafrasato anche da una nota ditta nazionale di bevande alcoliche, che circa 150 anni dopo ha optato per un meno perifrastico “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”. Tu quoque, advertising.

hamilton-rosberg

La gara nel deserto di Abu Dhabi non fa eccezione: prima che i semafori dell’ultimo atto della stagione si spengano sulla pista degli sceicchi tutto è virtualmente possibile. La fredda aritmetica dice che dovrebbe essere il biondo a spuntarla, ma vista da qui, dal sabato del Villaggio, la Formula 1 è come una bella fiaba dal finale aperto e mai scontato. Anche se oggi è solo venerdì, ma ci siamo capiti.

Oggi, per la Formula 1 è tutto bello: dal paddock scintillante e rilucente del Golfo Persico alla tensione palpabile e costante che accompagna ogni gesto di Lewis e Nico all’infinito fruscio degli otturatori dei fotografi che cercano di catturare ogni momento, ogni respiro. Persino la conferenza stampa di ieri è stata memorabile, diversa, potente: Rosberg e Hamilton, ma soprattutto Nico e Lewis in un face-off che spazia dagli anni del karting ad oggi: nemici ma galantuomini, almeno a chiacchiere.

In un certo senso, questa Abu Dhabi era quanto di meglio il circus si potesse aspettare dalla stagione 2016: un gran finale altamente cinematografico con tutti gli ingredienti necessari se non per una domenica di passione, quantomeno per un weekend ad altissima pressione ed aspettativa.  Quello che la fredda e succitata aritmetica non recita, e che tiene alte le pulsazioni, è un mantra base dello sport, ovvero che quando partirà la gara tutto sarà virtualmente possibile.

Lewis deve vincere, Nico può anche arrivare quarto, ma dal semaforo agli scacchi tutto può succedere, in una pletora di opzioni non sterminate ma abbastanza vasta da mettere qualche brivido al tedesco. E se il famigerato propulsore Mercedes lo abbandonasse sul più bello? E se qualche ragazzino in cerca di gloria lo speronasse alla prima curva? Non di “se” e di “ma” è fatta la storia, dice il proverbio, ma proprio su quei “se” e quei “ma” si costruiscono da sempre i sogni e la speranza.

Formula 1 Mercedes Campione del mondo

Lunedì sarà tutto finito ed uno dei due alfieri Mercedes sarà Campione del Mondo. All’altro rimarrà solo la delusione incolmabile di avere perso una gara che -in fin dei conti- aveva solo due concorrenti. Perché sì, in questa cornice meravigliosa, in questo finale da brividi freddi nel deserto bollente, è necessario ricordare che questo è un finale Mercedes, al termine di un Campionato Mercedes in cui la supremazia della stella di Stoccarda non è mai stata messa in discussione neanche una volta. Lewis e Nico, Hamilton e Rosberg sono stati gli unici contendenti di un campionato tutto loro, iniziato e finito fra la prima e la seconda posizione, cui gli altri non partecipavano.

Gran Premio di Abu Dhabi di Formula 1

Mercedes è ad Abu Dhabi per consacrare il suo Re (con il terrore di un failure meccanico che manderebbe a carte e quarantotto tutto il pathos); gli altri sono qui per l’ultimo giorno di scuola. C’è il ritiro di Button e l’addio di Massa, due eccellenti interpreti di uno sport che non li ha voluti, al termine della carriera, al volante di auto sufficientemente performanti per mirare alla luce di un’altra stella. C’è una Red Bull in crescita e dotata di uno dei protagonisti del prossimo decennio di F1, ma anche consapevole del fatto di avere iniziato troppo tardi lo sviluppo della vettura. C’è la Ferrari in perenne cerca di riscatto e da diversi mesi concentrata unicamente sul Mondiale che verrà. Poi, ancora dietro, ci sono gli altri.

A parte Hamilton e Rosberg nessuno ha da guadagnare in questa trasferta del deserto e, come è stato un Campionato a due velocità, anche quello di Yas Marina sarà un Gran Premio a due velocità al termine del quale, finalmente o per sfortuna, le macchine più veloci del mondo andranno in letargo. Oggi, però, è il sabato del Villaggio e tutti si godono l’atmosfera dell’attesa della grande Festa.

Un’ultima nota però, prima che l’azione in pista porti via anche l’ultimo weekend di corse, mi pare dovuta. Nell’inequivocabile assenza di suspence sportiva, la stampa che ruota attorno alla Scuderia di Maranello si sta concentrando unicamente sulla mancata tradizionale cena di Natale in casa Ferrari. Voci di corridoio dicono che il tradizionale saluto prefestivo non si farà, o almeno non si farà in pompa magna, come il Cavallino aveva abituato. Offrirò qui, non richiesta, la mia personale opinione sulla faccenda, pur a rischio di essere impopolare.

Chi vede nell’assenza -veritiera o meno che sia- della cena di Natale un segno di tempi lugubri, di una mancanza di spirito e nobiltà decaduta, a mio parere, sbaglia il tiro. Ferrari è un’azienda sana che rappresenta ancora l’eccellenza italiana nel mondo non solo delle corse. Marchionne, che come tutti gli uomini ha commesso errori e cose buone in pari misura, avrà le sue buone ragioni, se ritiene di non dovere convocare attorno allo stesso tavolo tutta l’azienda. Sicuramente non gli mancano i danari per imbastire un pranzo festivo, né è all’oscuro della potenziale caduta d’immagine di un simile gesto. Pare piuttosto che ogni pretesto sia buono per addossare a Ferrari non si sa bene quale colpa primigena, come se il Cavallino si portasse addosso non si sa perchè un peccato originale sempre impossibile da cancellare. Questo sì, che sarebbe da analizzare.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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