In MotoGP

Rossi-marquez-catalunyaEro in Spagna, sul circuito arso dal sole di Montmelò durante questo infinto e densissimo weekend di sport e di uomini. La stampa e la televisione non possono offrire che una cartolina bidimensionale di quel mondo per tanti versi fatato e per tanti versi anacronistico che è il Paddock del Motomondiale, un paese di mille anime che ogni due settimane cambia paese ma mai fondamenta. Un piccolo luogo dove tutti sono famiglia, dove si vive per lo sport ma si campa grazie agli uomini. Le foto non catturano il silenzio impressionante di Venerdì, la quiete irreale che si è posata d’un tratto sulla Valles Oriental. I microfoni non colgono i volti fissi sui tanti monitor dentro i camion e nelle hospitality, in attesa di una risposta. Di una disconferma. Di un segnale.

La stretta di mano

Ma quella stessa televisione, quelle stesse fotografie che non possono raccontare le storie di così tanti uomini dietro ai box, rimandano al mondo l’unica immagine che oggi davvero serve: quella dei suoi più grandi campioni che si stringono la mano dopo la lotta. Può sembrare banale, può sembrare retorico o fin troppo naive. Eppure non lo è, e dietro quell’immagine della stretta di mano fra Rossi e Marquez sta la parte più profonda e più umana di tutto questo weekend e di questo sport.

Si badi bene, ci sono tanti significati dietro quel gesto che vanno ben oltre il semplice sotterramento dell’ascia di guerra dell’anno passato. È un modo per dire che soprattutto dopo un weekend come questo ci sono gli uomini prima delle corse, le persone prima delle gazzarre sportive.

Pace?

Non è una pace in pista, poichè è giusto che in pista i lottatori lottino e i corridori corrano, ma è una pace fuori dalla pista. È un ribadire che questo mondo, questo paddock sono ancora uniti, viaggiano ancora insieme e non dimenticano cosa muove tutto questo dal profondo. È una pace suggellata da una stretta di mano nel parc fermè, dentro cui stanno il toccante minuto di silenzio per Luis nella mattinata, dentro cui stanno i milioni di chilometri percorsi insieme, le file insieme negli aeroporti di Doha, Amsterdam e Austin. Insieme è la parola chiave.

Ero al minuto di silenzio, ma da queste pagine non ti ho potuto salutare.
Lo faccio ora, Luis.
Godspeed, Mexicano.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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