In MotoGP

marquez vs rossi

Iniziano gli screzi?

L’idillio, se c’era, pare finito. Con la fine della conferenza stampa teutonica, chiusasi con un poco prosaico “non so se dice davvero o mi prende per il sedere”, si aprono ufficialmente le ostilità fuori dalla pista fra Valentino Rossi e Marc Marquez. E’ un bene, perchè la rivalità infiamma gli animi e alza gli ascolti, e un male, perchè lo spagnolo rischia di perdere quell’aura da bel bimbo prodigio che tanto bene ha fatto alla MotoGP negli anni scorsi.

L’opinione, come sempre non richiesta, di chi scrive è molto semplicemente la seguente: perdere è una medicina amara e sgradita, ma spesso utile per fare venire a galla come stanno realmente le cose. A scanso di equivoci, e per evitare di essere tacciato di saltare sul britannico bandwagon del vincitore, dico subito che a me Marquez è sempre piaciuto. Credo sia uno straordinario talento, motociclisticamente parlando e un buon uomo di spettacolo, caratteristica non indifferente per chi -volente o nolente- passa una vita sotto i riflettori. Tuttavia, pur stante la premessa, ritengo che il teatrino che sta montando contro Rossi in questo momento, sia una grande sciocchezza.

Marquez è arrivato in MotoGP in condizioni assolutamente straordinarie: da rookie è stato -meritevolmente- messo sulla sella di un missile arancione targato Repsol Honda, ha vinto due mondiali di seguito e sbriciolato la quasi totalità dei record, irridendo la concorrenza con una facilità quasi imbarazzate. Lui, noi, gli addetti ai lavori e il mondo intero ci siamo quasi silenziosamente convinti che quella, da allora, fosse la normalità. In questi primi due anni, forte del risultato ottenuto e dell’immenso amore popolare da cui è stato -ripeto, meritevolmente- sommerso, ci ha sempre mostrato una delle due facce: quella sorridente, sempre pronta allo scherzo e all’abbraccio. Rossi, che in pista non è mai stato una minaccia reale (almeno in ottica campionato) per i primi due anni, era l’amicone, la leggenda a cui guardare con rispetto e quello con cui scherzare nel paddock e nelle interviste. Tutto bello, bravi tutti.

Ora, e bisogna ammetterlo, inaspettatamente, la musica è di molto cambiata. Complice la sfortuna, un calo di forma, una moto non perfetta e una concorrenza molto agguerrita, la stella di Marc Marquez pare essersi appannata in pista e fuori. Il buon Marc le ha prese, e in più riprese, da Rossi, da Lorenzo e anche dai Ducatisti, mostrando che lontani sono i tempi delle infinite vittorie consecutive. Al nervosismo in pista, è seguito quello ai microfoni. Ai sorrisi ora si preferisce qualche broncio, alle battute si sostituiscono le frecciatine e dagli scherzi si è passati alle parole grosse. Come vuole il detto: dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io.

Come in molte occasioni, anche in questa guerra fredda, Marquez non deve peccare di impeto: per quanto lucente sia il suo astro, non può essere confrontato con quello di Valentino Rossi. La direzione gara, i replay e la quasi totalità dell’assemblea dei consociati hanno già deciso che in quell’ultima chicane non c’era spazio per passare: dopo il contatto, se non voleva capitolare nel proverbiale sabbione, Rossi quella curva la poteva solo tagliare. E così ha fatto.

Ora Marquez ha due opportunità.

Può fare marcia indietro, chiudere la bocca, abbassare il capoccione e ricominciare a fare il pilota, o può cercare di iniziare a montare -con la polemica e le chiacchiere- un castello di scuse e accuse che spera possa venirgli buono quando perderà lo scettro mondiale a scapito di Rossi o Lorenzo. Inutile dire quale delle due sia preferibile.

D’altronde, come detto in apertura, questa è una condizione completamente nuova per il piccolo spagnolo: non solo nessuno lo aveva mai battuto con tanta costanza e ritmo, ma nessuno lo aveva neppure schiacciato nel corpo a corpo come sta succedendo negli ultimi mesi. La sconfitta, in senso lato, è qualcosa a cui Marquez è nuovo e a cui sta reagendo forse non con la lungimiranza e l’acume che da lui ci si aspettava.

Il rischio è che, in questo suo scontrarsi con il Grande Vate del motociclismo, perda in popolarità, consensi e simpatie, finendo anche per intaccare la sua autostima e la sua performance.

Cattivi si diventa. Speriamo solo non sia questo il caso.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e politica all’Università di Bologna, da sempre è appassionato di marketing, design e sport. Già prima di terminare gli studi inizia a lavorare nel marketing sportivo e scopre l’importanza di tutto quello che c’è al di fuori dal campo di gioco. Dal 2012 è in RTR Sports, di cui oggi è Head of Communication e Marketing Officer per i progetti legati alla Formula 1, alla MotoGP e al meglio degli altri sport a motore a due e quattro ruote.
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