Piccolo punto del lunedì circa gli avvenimenti domenicali svoltisi nella perfida Albione e sullo stato dell’arte odierno della massima Formula automobilistica. Ad onor di sincerità, chi redige queste righe non ha ancora capito come ha fatto il Sebastiano nazionale a finire sul podio dopo che, a mia memoria, ha passato metà della gara in posizioni fra l’ottava e la decima. Vero è anche, però, che in periodi come questi, alla Germania e ai tedeschi riesce veramente di far di tutto, quindi il mio stupore è mitigato dalla provenienza germanica del nostro.
Buona parte della responsabilità della mia ignoranza circa la remuntada di Sebastianino è anche da attribuirsi alla regia Internazionale che, pur a buona ragione, ha indugiato con gusto sulla battaglia fra i 4 motorizzati Mercedes, battaglia incredibilmente terminata con l’ennesima doppietta delle Frecce d’argento e con musi lunghi per la Williams Martini a discapito della partenza a fionda di questi ultimi.
Non è ben chiaro a cosa stessero pensando al muretto Williams quando hanno lasciato fuori Massa e Bottas senza sfruttare l’undercut per il cambio gomme: certo è che, quando si è trattato di rientrare in pista, sia il brasiliano che il finnico si sono trovati le due Mercedes davanti anzichè dietro. E giù rosari.
Se infatti c’è qualcosa che questo Campionato 2015 sta dimostrando è che, mentre la Mercedes non è fisicamente battibile, i suoi piloti lo sono, specie nel corpo a corpo e specie quando, ohilà, si trovano dietro. A dispetto dei salomoni motoristici da salotto, infatti, sia il CDMINC (Campione del Mondo In Carica, che avete pensato) sia il biondino figlio di cotanto padre stavano facendo una bella lingua a star dietro a Massa e Bottas, al volante di una Williams Martini che, onore al merito, sull’asciutto fila come un vero leprotto.
Dove Hamilton e Rosberg non sono battibili, invece, è quando davanti trovano pista libera e campi sgombri e possono dare la molla a tutta la perfezione motoristica della belva di Stoccarda. Ad Hamilton, che fino al pit stop aveva sofferto, sono bastati tre giri da solo per chiudere la pratica Gran Premio e mettere asso, tre e re anche sull’ipoteca iridata.
Alla boa di metà stagione, almeno emozionalmente, mi permetto dunque di stilare sulla base di queste e precedenti considerazioni una serie di teoremi, ribattezzati del Menga, che ritengo possano fungere da guida per il proseguo dell’anno.
- Se Hamilton parte davanti, finisce davanti. Se si vuole che Hamilton non finisca davanti, è necessario che qualcuno gli stia davanti almeno alla prima curva.
- Vettel arriva terzo, sempre e comunque. Sia che parta secondo o che parta decimo, Vettel arriva terzo. Poco importa se per farlo deve superare anche alla fila per i bagni
- A parità di tutto, Rosberg sta dietro ad Hamilton. Forse può non essere vero nel caso singolo, ma la matematica e la statistica dicono che sui grandi numeri, l’inglese è meglio del tedesco.
- Al netto delle simpatie personali, Raikkonen non sta affatto lavorando pro domo sua, ovvero in ottica di un rinnovo contrattuale. Anche ieri la scelta di rientrare alle prime due gocce si è dimostrata poco lungimirante e molto conservativa. L’opinione di chi scrive è che il finlandese, pur dotato di un talento sopraffino, non abbia più la fame dei primi anni. E questo in Formula 1 è un problema.
- Un buon muretto vale quanto un buon motore. In una formula 1 che è matematica, un buon ingegnere dietro gli schermi vale tanto quanto un buon pilota dietro al volante. Poi questa cosa può piacere o meno, ma le gare di quest’anni si vincono in fabbrica e attorno al tavolo, poche storie.
- Alonso, che non mi è simpatico ma che è probabilmente uno dei tre migliori piloti del lotto, ha conquistato ieri il primo punto iridato del 2015. Definirla una catastrofe è riduttivo, ma dà una buona idea di quale sia la ratio fra pilota e macchina. A tal proposito, e a titolo puramente ludico, dovremmo fare una doppia prova. La prima è fare una gara con gli stessi piloti che guidano 22 Mercedes. La seconda è mettere Hamilton su ogni macchina della griglia e prendere i tempi.
- Verstappen, Sainz e Kvjat sono troppo giovani per correre in Formula 1. Il rischio è quello di bruciare questi ragazzi e di avere altri quattro o cinque Vergne: piloti finiti a 24 anni. Si badi bene: sono guidatori straordinari, talenti immensi e rappresentano il futuro dell’automobilismo. Ma nelle corse l’esperienza è importante quanto il talento, e la scelta giusta è decisiva, più che in altri sport. Nel calcio per inesperienza si affretta un passaggio, poco male, in Formula 1 si sbaglia la prima curva e si manda a ramengo il lavoro di 300 persone.
Dixi. Vado a prendere un ghiacciolo. Che la temperatura lo richiede.