Guardando soltanto la bacheca, il 2025 è facile da archiviare: Norris campione del mondo in F1, Márquez di nuovo re in MotoGP. Fine della storia.
Solo che, per chi mette il budget sul tavolo e poi deve difenderlo davanti a un board con domande precise (“cosa compriamo davvero?”, “quanto dura?”, “che rischio ci portiamo in casa?”), il 2025 ha raccontato altro.
Ha raccontato che il motorsport – quello Tier 1 – si sta comportando sempre più come una piattaforma d’investimento: pianificabile, misurabile e soprattutto difendibile. “Difendibile” qui non è uno slogan: è la differenza tra una sponsorizzazione che vive di foto e una che regge una call con gli uffici della finanza e quello legale. Vuol dire non solo quante volte appare un logo, ma quante volte un contenuto viene visto, tagliato, rimbalzato, salvato; quante persone entrano in un percorso; quanti meeting B2B si accendono; quante opportunità commerciali vengono influenzate. E, al contrario, quante grane reputazionali si evitano grazie a un impianto “brand safe” pensato bene per mercati diversi.
Non è poesia. È marketing 2026: la sponsorship non vive più di “presenza”, vive di distribuzione e contenuto. E il 2025 è stato un anno di consolidamento, di segnali strutturali.
Cinque fatti del 2025 che contano davvero per chi investe
Formula 1: Norris campione, McLaren in cima. Ma il punto vero è l’America che diventa struttura
Norris ha vinto senza “schiacciare” tutti per mesi: ha vinto tenendo la pressione. E quel tipo di finale – tirato, vissuto, discutibile quanto basta – è ossigeno per chi compra. Un Mondiale equilibrato significa attenzione più lunga, conversazioni più distribuite, più finestre utili per attivare.
La notizia che fa davvero click in una riunione con il CFO è un’altra: l’ok definitivo a Cadillac per entrare dal 2026. Traduzione: gli Stati Uniti non sono più un mercato in cui “andare a prendere qualcosa”. Sono parte della struttura strategica della F1. E quando una property passa da opportunità a struttura, tende a diventare più stabile, più prevedibile, più facile da pianificare a tre anni.
Se si deve mettere una bandierina globale, oggi la F1 resta il benchmark: copertura internazionale, posizionamento premium, B2B, hospitality, e una macchina media che – per continuità – è ancora un gradino sopra a tutti.
Nota da campo: in un board non si chiede“quante foto abbiamo fatto”. Si chiede “che cosa ci resta in mano tra sei e dodici mesi”. La F1 permette di rispondere con un piano credibile, purché la misurazione sia impostata dall’inizio.
MotoGP: Márquez torna campione… ma il vero titolo è la stanza dei bottoni
Sportivamente, Márquez campione è un terremoto “buono”. Perché dimostra che il prodotto ha ancora star power puro: quello che muove pubblico e conversazioni, anche fuori dalla bolla dei fan. È una notizia che riporta attenzione e “narrazione” al centro, e quando la narrazione sale, l’inventario di contenuti diventa più prezioso.
Commercialmente, l’impatto più pesante è istituzionale: via libera europeo all’ingresso di Liberty nella governance di Dorna. Qui non conta tanto la sigla, quanto la direzione: pacchetti più ordinati, distribuzione più aggressiva, monetizzazione più disciplinata. In sintesi: un prodotto che tende a diventare più facile da far funzionare su mercati multipli.
Il punto di caduta è semplice: la MotoGP oggi è già un ottimo investimento, ma con Liberty può diventare un investimento più difendibile. Se avessi un budget mio, una quota di crescita nei prossimi 3–5 anni la metterei qui. Non perché “si dice”, ma perché i segnali vanno tutti nella stessa direzione.
WEC/Le Mans: Ferrari vince ancora, ma la vera moneta è la credibilità tecnica
Le Mans 2025: Ferrari vince ancora, e lo fa con un racconto che non ha bisogno di effetti speciali per stare in piedi. Qui la moneta non è solo la reach: è la credibilità. È il tipo di linguaggio che funziona con industriali, tech, premium, e con chi vuole reputazione oltre al rumore.
L’endurance ha un pregio raro: permette di parlare di prestazione, affidabilità, ingegneria, “craft”. E lo fa senza dover forzare la mano.
Il limite è noto: calendario più corto, meno “sempre acceso”. Ma proprio per questo, se lo usi bene, diventa una seconda gamba intelligente: meno volume, più reputazione.
E qui si vede subito chi ha un piano e chi no: per chi arriva a Le Mans con un’idea chiara di storytelling tecnico e di relazioni B2B, il ritorno non arriva da solo. Arriva se si entra con ruoli definiti e un calendario di contenuti e incontri già scritto.
WRC: Ogier a quota nove. Storia enorme, piattaforma più selettiva
Il rally nel 2025 consegna una riga da enciclopedia: Ogier campione per la nona volta. Sportivamente è gigantesco. Ma la domanda da comitato investimenti è sempre la stessa: quanto è scalabile?
Il WRC è potentissimo per autenticità e territorio, ma l’attivazione globale richiede più lavoro. È necessario creare un filo coerente tra mercati, formati e piattaforme. È perfetto quando ci sono obiettivi specifici (territori, community, valori), meno immediato se si cerca una piattaforma “taglia unica”.
E attenzione: non è un difetto. È una caratteristica. Semplicemente, va comprato sapendo cosa si sta comprando.
Formula E: Rowland campione. Prodotto solido, ma deve ancora diventare inevitabile
Rowland campione, categoria tecnicamente credibile, posizionamento urbano che nessun’altra serie ha davvero in mano. Qui, più che il risultato sportivo, conta l’identità: città, comunità, prossimità.
Il tema è il linguaggio: la Formula E rende tantissimo quando viene trattata come piattaforma urbana – community, retail, eventi, CRM, alleanze locali – e rende meno quando si cerca di farla sembrare la F1 “in piccolo”.
Ottimo investimento tattico, ma a una condizione: è necessario comprarla con l’attivazione già scritta. Per esempio: inviti tracciati per l’hospitality, landing dedicate per città, e un modo semplice per attribuire i contatti generati (anche solo distinguendo “da evento” vs “da contenuto” vs “da partnership locale”). Altrimenti si rischia di avere un bel badge e poco risultato.
Dove investire davvero, se le ambizioni sono globali
Se serve una regola pratica, è questa: F1 per scala e stabilità, MotoGP per crescita, WEC per credibilità, Formula E per città. Ma conviene dirlo con due righe in più, perché è qui che si evitano i fraintendimenti.
- Formula 1 è il pilastro quando serve una piattaforma che “tiene” su mercati multipli e su orizzonti di più anni. È anche quella che ti dà più leve B2B (ospitalità, relazioni, contenuti per account target), a patto di non trattarla come un semplice logo. Costa molto, ma rende altrettanto.
- MotoGP è la gamba di crescita: passione altissima, mercati caldi, e – con Liberty – la prospettiva di un prodotto più ordinato e più facile da attivare in modo replicabile. A livello economico, probabilmente il più efficace per spesa e resa.
- WEC/Le Mans è la credibilità: perfetta quando si vuol parlare di tecnologia, affidabilità, performance e partnership industriali senza dover gridare.
- Formula E è la tattica urbana: funziona quando la si pensa come piattaforma di città, con obiettivi locali chiari (community, retail, CRM) e un piano operativo che non lasci nulla al caso.
In sintesi: F1 per dominare, MotoGP per crescere, WEC per credibilità, FE per attivazioni urbane. È una sintesi utile, ma la vera differenza la fa sempre il “come”, non il “cosa”.
Oggi vs 2000: perché questo confronto rende più facile dire “sì”
Nel 2000 il motorsport era più lineare: meno canali, meno concorrenza interna tra categorie, e una metrica dominante – la visibilità “classica”. Nel 2025 il valore non è solo dove compare il logo, ma come quel contenuto viaggia: quanto dura, come viene tagliato, ricondiviso, reinterpretato, e soprattutto come alimenta relazioni e reputazione.
E qui sta il punto che convince un CFO: oggi una sponsorship motorsport Tier 1 fatta bene somiglia più a un investimento gestibile che a una spesa d’immagine. Si possono definire un perimetro, obiettivi realistici, un modello di attribuzione difendibile e – cosa fondamentale – un piano di rischio per mercati e regolazioni.
Il 2025, con Norris che chiude al fotofinish e con la MotoGP che cambia marcia anche fuori dalla pista, suggerisce questo: alla fine premia chi costruisce una piattaforma che sta in piedi tutto l’anno. Contenuti riutilizzabili, attivazioni replicabili per mercato e un impianto di misurazione che regge anche quando le cose non vanno lisce.