In Marketing Sportivo, Sponsorizzazioni Sportive

Questo blog si occupa di sports marketing, sponsorizzazioni sportive e di come le aziende possano usare lo sport come eccellente strumento di comunicazione per giungere ad obiettivi commerciali e di posizionamento.

Questo blog non si occupa invece di vaccini, protocolli sanitari, microbiologia ed questioni mediche. Questo perchè non siamo né medici né virologi, ma donne e uomini di marketing e di sport.

Tale premessa, che è tanto sciocca quanto necessaria in un’epoca storica in cui i saperi si mischiano e le professionalità finiscono sovente nel dimenticatoio, serve ad inquadrare le righe che seguono e che riflettono sull’esenzione ricevuta dal tennista Novak Djokovic all’alba degli Australian Open.

Il riassunto delle puntate precedenti è semplice. L’Australian Open, primo ed importantissimo slam della stagione, aveva indicato fra le regole per la partecipazione 2022 che tutti i tennisti fossero vaccinati per il Sars-Cov-2. La regola in questione metteva a serio rischio la partecipazione al torneo di Novak Djokovic, numero uno al mondo e campione in carica della manifestazione. Djokovic, le cui opinioni sul vaccino sono sempre state di segno negativo, ha sovente rifiutato di dichiarare l’inoculazione dello stesso o meno, ricordando che quelle sulla salute sono questioni personali su cui non si può porre veto o legislazione. È di questi ultimissimi giorni tuttavia la notizia che Tennis Australia e lo stato del Victoria hanno concesso a Djokovic una esenzione per motivi medici dall’obbligo vaccinale, consentendo al trentaquattrenne serbo di essere in campo nella terra dei canguri.

Questi i fatti, al netto di qualsivoglia volo pindarico.

Ai fatti seguono molte reazioni e diverse considerazioni.

Le reazioni sono sulle cronache e sui quotidiani degli ultimi giorni e sono, evidentemente, di direzione contraria alla decisione degli organizzatori del Torneo, in una situazione che rischia di mettere in imbarazzo l’ATP. La pressoché totalità dell’opinione pubblica, della politica e del mondo sportivo ha espresso disaccordo con l’approdo di Djokovic nel continente, a culminare con le parole del primo ministro australiano Scott Morrison che ha minacciato di rimettere il campionissimo sul “primo aereo per lasciare il paese”.

Le considerazioni invece, quelle sì, abbisognano di qualche approfondimento.

Chi redige queste righe -e torniamo a precisarlo- non conosce i criteri medici della esenzione che è stata garantita a Nole per partecipare senza vaccino al torneo. Si legge da qualche parte che le ragioni siano da ricercare in problemi cardiaci, ma è un’opinione che ha fatto sollevare più di qualche sopracciglio e che pare poco in linea con le condizioni attuali di uno dei più straordinari atleti degli ultimi cinquanta anni. La prima considerazione dunque che bisogna fare è che, all’interno di una situazione straordinaria come quella della pandemia da Covid-19, le carte siano messe sul tavolo con grande chiarezza. Se esiste una scappatoia o un loophole regolamentare per sottrarsi ad un vaccino contro la più grande malattia del secolo è necessario che questo sia chiaro e valga tanto per il tennista Djokovic quanto per altri, professionisti dello sport o meno. Se invece sono le condizioni di salute di Djokovic a destare preoccupazioni, è necessario farlo chiaro ed evitare una polemica che dallo sport si è rapidamente riverberata sulla società civile, sulla politica e sulla pubblica opinione globale.

Il perchè di una simile chiarezza, che non sarebbe dovuta in tempi di normalità (se io non sono in salute non devo certo rendere partecipe gli altri delle mie condizioni), è da ricercarsi nella eccezionalità assoluta della circostanza. Se, come vogliono gli anglosassoni, desperate times call for desperate measures, allora purtroppo in piena recrudescenza da virus -mentre i numeri salgono e lo spettro del lockdown torna ad affacciarsi- è necessario che tutto sia cristallino.

La seconda considerazione ha a che fare con il concetto di opportunità, ovvero di essere ed agire in modo opportuno, ovvero confacente alla situazione. È chiaro come il sole che a Tennis Australia ed a tutto il torneo faccia comodo la partecipazione del numero uno al mondo. Nessuno vuole vedere una F1 senza Hamilton o Verstappen, una partita dei Lakers senza LeBron James e solo Dio sa quanti grattacapi la FIFA ha in questo momento mentre qualcuno inizia già a speculare su un mondiale senza il fenomeno Ronaldo o senza i campioni d’Europa dell’Italia. Però questo significa giocare a palla corta e non vedere il pasticcio potenziale sul lungo periodo. Verosimilmente avere Djokovic in campo a gennaio 2022 rischia di fare crollare la reputazione di un’organizzazione, di un torneo e di uno sport per qualche tempo. Certo, gli sponsor del serbo saranno felici (forse, poichè a nessuno piace stare in mezzo alla tempesta), ma gli sponsor degli altri? Saranno felici di finanziare atleti in un torneo su cui ora grava l’ombra lunga della frode medica?

La terza considerazione ha invece a che vedere con il patto fra gentiluomini che lo sport ha stretto con la società e che ora rischia di spezzarsi. Mentre l’intera Australia insorge per l’esenzione concessa allo slavo, è indispensabile ricordare che tutto il giocattolo funziona solo fino a quando le regole che valgono per il comune cittadino valgono anche per il primo dei campioni. Mentre infuria anche in terra nostrana la battaglia circa l’obbligatorietà del vaccino per entrare al lavoro e l’uso di Covid pass per accedere ai servizi, il più grande errore che una property sportiva può commettere è quello di nascondere la polvere sotto il tappeto e trattare il vaccino contro il coronavirus come il furto di una caramella fra ragazzini. Su questo tema è necessario tenere a mente che viviamo in tempi delicati e di micce corte, e che la pazienza è una risorsa sempre più rara.

La quarta ed ultima considerazione, infine, rientra nella narrativa della creazione del precedente. Offrire a Tizio l’esenzione -per definizione un privilegio che dispensa da un obbligo comune- significa dare a Caio il diritto di fare altrettanto. Bisogna qui fare attenzione, perchè il principio giuridico dello stare decisis impone poi che si rimanga coerenti nel futuro. Che accade, in sostanza, se invece che Djokovic a chiedere l’esenzione è il numero 145 o 514 del mondo? E che accade, altresì, se oltre a Djokovic a chiedere l’esenzione sono in cinquanta o in cento? Chiaramente sono questioni di logica più che sostanziali, ma come si è già detto viviamo in tempi duri.

In conclusione, Djokovic -così come ciascuno- è libero di possedere le proprie opinioni sul vaccino e questo non ha a che vedere in alcun modo con il suo merito sportivo. Altresì, chi non è medico non ha facoltà di giudicare un’esenzione medica, a patto che proprio di questo si tratti e che ciò sia fatto chiaro. Per le altre questioni però, che hanno a che fare più con altre sfere del vivere comune, è imperativo che la logica dell’uovo oggi non sopravanzi quella della gallina domani, e che non intervengano discorsi alla Marchese del Grillo, dove io so’ io, e voi non siete un cazzo. Il rischio è quello di fare arrabbiare i buoni e fare diventare lo sport l’oggetto della rabbia popolare.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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