La costante ascesa delle sponsorizzazioni della Formula E è legata ad alcuni aspetti peculiari di questa nuova e fortunatissima disciplina, che vanno dalla sostenibilità ambientale alle corse nei centri urbani. Chi era convinto che questa serie completamente elettrica non avrebbe avuto futuro quando ha fatto il suo debutto 5 anni fa, dovrebbe probabilmente ricredersi ora.
La Formula E non è stata risparmiata dalle critiche quando è stata presentata per la prima volta al grande pubblico e ai principali attori del settore automobilistico cinque anni fa. Molti non credevano che la neonata serie della FIA avrebbe avuto vita lunga e prevedevano giorni molto bui per questo flusso di goffe auto elettriche che non rombano, non corrono su circuiti tradizionali e devono fermarsi dopo la metà dei giri totali per sostituire… indovina un po’! … l’intera auto, non solo la batteria.
Cinque anni dopo, i denigratori si trovano di fronte a uno scenario completamente diverso. Le ultime gare di Roma, Santiago e Marrakesh hanno avuto un duplice scopo: oltre a offrire uno spettacolo straordinario, hanno messo in luce tutte le potenzialità di queste monoposto. Piloti di indubbio talento guidano ora auto meravigliose e impressionanti che sfrecciano sulle strade delle città più belle offrendo performance grandiose. Si tratta di gare vere e proprie – davvero molto vere – in cui gli scontri ravvicinati sono molto frequenti e i risultati sono del tutto imprevedibili. Nel frattempo, cosa fa il mondo circostante? Beh, spettatori, sponsor e investitori stanno prendendo nota.
Questa disciplina, tuttavia, è molto più che in crescita: sta per esplodere grazie a una serie di buoni ingredienti sapientemente miscelati per attirare sia gli appassionati di corse tradizionali che il pubblico giovane e fresco.
In realtà, la Formula E è ancora lontana dal superare o spodestare la sua sorella maggiore, la Formula 1, che, nonostante i difficili problemi che deve affrontare, è ancora la serie motoristica per eccellenza, capace di catalizzare quote di pubblico notevoli. Alcuni elementi significativi giocano a favore della F1: ad esempio, la sua radicata tradizione, uno “zoccolo duro” di appassionati piuttosto numeroso e alcuni marchi storici – il Cavallino Rampante in primis – su cui centinaia di migliaia di italiani, e molti altri tifosi, puntano i loro sogni, di domenica in domenica.
Sponsorizzazioni in Formula E e Formula 1: le principali differenze
Ci sono tre macroscopiche differenze tra le sponsorizzazioni della Formula 1 e quelle della Formula E, che possono essere attribuite a tre elementi distinti:
- sostenibilità ambientale;
- gare nei centri città;
- la presenza dei principali operatori del settore automobilistico.
Sostenibilità ambientale
Come è evidente, la sostenibilità ambientale è una carta che la Formula 1 non può certo giocare. Le auto consumano notevoli quantità di carburante. Anche se è vero che il consumo di carburante è diminuito rispetto a qualche anno fa, ogni auto brucia circa 100 kg di carburante per percorrere i circa 300 km di un Gran Premio. Inoltre, ogni squadra sposta continuamente un numero enorme di strutture e personale in tutto il mondo su camion e aerei, per 10 mesi all’anno.
La Formula E, invece, si basa sul concetto di energia pulita. Il principio fondante di questa disciplina è che la mobilità sostenibile esiste ed è altamente performante al giorno d’oggi. Non si tratta semplicemente di “auto elettriche”: sono una combinazione di prestazioni straordinarie e zero emissioni. Si tratta, ovviamente, di due aspetti a cui ogni azienda moderna vorrebbe essere associata al giorno d’oggi e di una formidabile chiave di volta per le sponsorizzazioni: sostenibilità, prestazioni ed efficienza sono le parole chiave del futuro.
Gare nei centri città
Per banalizzare la questione, le gare nei centri urbani possono essere associate a un vecchio detto su Maometto e la Montagna. I vertici della FIA hanno capito ben presto che portare le gare al pubblico è molto più facile che portare il pubblico alle gare, soprattutto quando si tratta di una serie nuova. Gareggiare nei centri urbani, come nel caso della Formula E, non significa solo avere un bacino di pubblico molto ampio a cui rivolgersi, ma anche avere un gran numero di strutture, infrastrutture e servizi a disposizione di partner, sponsor e operatori del settore*. Inoltre, i centri cittadini sono scenari mozzafiato per le competizioni, con panorami straordinari, il che non è affatto trascurabile. Nella cultura dell’immagine, come quella in cui viviamo, questo elemento gioca un ruolo che non può essere sottovalutato.
Partecipazione dei principali operatori del settore automobilistico
Le caratteristiche peculiari della Formula E sono le ragioni principali per cui le case automobilistiche non hanno esitato a correre a partecipare al campionato. Mercedes, Audi, Jaguar, NIO, Nissan, BMW, Mahindra e DS Automobiles hanno visto nella nuova serie FIA una duplice opportunità: da un lato il marketing, dall’altro la ricerca e sviluppo. La mobilità elettrica e performante è evidentemente il futuro dell’industria automobilistica (e anche di quella delle due ruote, come testimonia la nascita della MotoE) e le corse sono ancora una volta elette a banco di prova della tecnologia di domani. Batterie, accumulatori e componenti chiave installati in una monoposto di Formula E saranno molto probabilmente montati in futuro sulle auto dei passeggeri.
Per quanto riguarda le sponsorizzazioni, si tratta ancora una volta di un argomento molto importante. Le opportunità B2B – tra le altre – potenzialmente derivanti dal gran numero di produttori coinvolti sono un’occasione ghiotta per molti marchi di diverse categorie di prodotti, oltre a rendere la disciplina piuttosto competitiva e, ovviamente, di successo.
Sponsorizzazioni in Formula E e Formula 1: differenze secondarie
Costi
Come spiegato in precedenza, e come è necessario sottolineare ancora una volta, la Formula 1 è ancora il principale campionato automobilistico del mondo. La Formula madre sta attraversando un periodo difficile, in parte dovuto al fatto che le gare sono noiose e prevedibili, che le regole sono poco chiare, che le differenze tra le prestazioni delle auto sono profonde come l’oceano e che molti circuiti non riescono a essere emozionanti. Nonostante ciò, l’eredità, il fascino e la potenza del marchio F1 sono ancora irraggiungibili e si riflettono in costi di sponsorizzazione astronomici, che non attraggono gli investitori. D’altra parte, la Formula E ha ancora livelli di ingresso più bassi, poiché la sua fondazione è piuttosto recente e si basa su politiche di marketing diverse. I bassi livelli di ingresso sono un argomento piuttosto importante, soprattutto quando l’obiettivo è quello di attirare denaro e conoscere nuove realtà. Non sorprende quindi che, nonostante il campionato sia piuttosto “fresco”, i partner siano numerosi e diversificati, oltre a essere tutti di ottimo livello.
Durata dei campionati
Anche la durata delle stagioni è molto diversa: La Formula 1 prevede 21 gare, mentre la Formula E ne disputa solo 13 se si conta anche il gran finale a due voci a New York. Questo è un altro aspetto significativo: un numero quasi doppio di eventi offre agli sponsor una visibilità maggiore e un’esposizione più lunga durante tutto l’anno.
Una decisione strategica sulla visibilità televisiva
Ho deciso di tenere questo argomento per ultimo, ma non per importanza, perché offre alcuni spunti di riflessione. Nell’attuale mondo del marketing sportivo e nelle moderne sponsorizzazioni sportive l’audience televisiva è senza dubbio una questione prioritaria: il dibattito tra Pay TV e TV ad accesso libero non ha mai fine e non prevede né vincitori né vinti.
Da un lato, la televisione ad accesso gratuito aumenta in modo esponenziale lo share di pubblico, dando enorme visibilità (e grandi benefici) agli sponsor e grande popolarità alla disciplina. L’Italia è un’evidente cartina di tornasole di quanto detto sopra. Quando la Formula 1 e il MotoGP (il campionato mondiale di automobilismo dell’epoca) venivano trasmessi dalle reti televisive nazionali negli anni ’90, gli sport motoristici facevano parte delle abitudini domenicali di tutte le famiglie italiane, che seguivano appassionatamente le imprese della Ferrari nelle competizioni automobilistiche e di Rossi, Biaggi e Capirossi sulle loro moto, sedute davanti al televisore.
D’altra parte, le Pay TV offrono agli organizzatori ingenti somme di denaro che difficilmente possono rifiutare. Tuttavia, la possibilità di vedere gli eventi è “limitata” ai soli abbonati, il che assottiglia notevolmente la quota di pubblico. In questo caso, gli spettatori sono costretti a diventare spettatori “professionisti” che pagano ingenti somme di denaro ogni mese per ricevere un servizio di alta qualità con contenuti dedicati. Inutile dire che questa situazione va a discapito degli sponsor che, essendo visibili solo a una parte del pubblico totale, vedono ridotta la loro efficacia commerciale.
La Formula 1 è stata una delle prime discipline a diventare “on demand”. Il passaggio alla pay TV rende il prodotto ancora più selezionato e selettivo allo stesso tempo: Le trasmissioni televisive sono di altissima qualità e i loro contenuti estremamente ricchi, ma il pubblico è infinitamente ristretto. Un’altra teoria, a cui mi sembra giusto dare credito, è che i programmi della pay-TV hanno un numero ridotto di spettatori, ma si rivolgono a un target più mirato: spettatori spendaccioni, appassionati, facili da contattare, con caratteristiche note ai provider, hanno maggiori probabilità di diventare i destinatari di pubblicità altamente mirate e di operazioni costruite ad hoc per loro. Se da un lato questo è un buon argomento, dall’altro il risultato è stato la perdita della consapevolezza di massa tipica degli anni passati, grazie alla quale anche la “signora Smith“, che spesso citiamo in questo blog, poteva riconoscere i nomi di Schumacher, Alboreto, Alesi, Melandri e Doohan.
La Formula E ha scelto una strada completamente diversa, forse dovuta alla sua giovane età, e ha optato per la massima diffusione possibile. Le gare sono trasmesse dalla TV ad accesso libero e sono trasmesse in streaming in diretta e gratuitamente sul canale YouTube della Formula E. Non è detto che ciò duri per sempre, ma al momento questa strategia sembra dare i suoi frutti, considerando il numero sempre crescente di spettatori a ogni evento e l’espansione demografica che raggiunge aree molto giovani della popolazione.
Se sei interessato ad avere informazioni approfondite sul tema delle sponsorizzazioni in Formula E o in altre discipline sportive, non esitare a contattarci al seguente indirizzo e-mail: info@rtrsports.com. Saremo pronti a lavorare insieme per trovare le soluzioni più adatte ai tuoi obiettivi commerciali e di marketing.
* Poiché lo trovo opportuno e coerente con l’argomento di questo post, vorrei introdurre un breve commento sulla recente polemica sull’E-Prix di Roma. I media non hanno perso l’occasione per dare voce alle lamentele dei cittadini della Capitale infastiditi dal presunto traffico in occasione del Gran Premio. La Formula E, tuttavia, non è la causa del traffico intenso a Roma: Roma è l’unica causa reale! Molti altri centri urbani in tutto il mondo ospitano – e lo fanno ormai da decenni – competizioni, gare, maratone ed eventi sportivi di qualsiasi tipo con grande successo e grandi profitti sia per le città coinvolte che per le zone limitrofe. Il centro di New York viene recintato per giorni durante la famosa maratona; lo stesso vale per Baku e Monaco, dove le strade cittadine sono lo scenario della gara di Formula 1, senza che si levino voci di dissenso. E l’elenco degli esempi positivi potrebbe continuare. È piuttosto semplicistico e decisamente miope individuare in questo evento sportivo la causa del traffico nel quartiere EUR di Roma. I problemi legati alla percorribilità delle strade a Roma sono piuttosto dovuti alla cattiva organizzazione, alle buche nel terreno, alle uscite del raccordo anulare chiuse per motivi sconosciuti e, non da ultimo, a una rete infrastrutturale misera. L’aspetto più allarmante, a mio avviso, è che gli interessati non comprendono il potenziale delle economie legate al territorio che tali eventi possono innescare, ovvero il potenziale del geomarketing.