La Commissione Europea ha fornito a Liberty Media Corporation l’approvazione incondizionata per completare l’acquisizione del Campionato del Mondo MotoGP. Il processo di annessione della massima competizione motociclistica era iniziato nella primavera dello scorso anno, per poi subire un fisiologico rallentamento nell’autunno 2024, quando la Commissione aveva avviato le opportune verifiche su potenziali conflitti d’interesse e rischi monopolistici nel settore motorsport. Quello odierno è un passaggio cruciale – e definitivo – in un momento storico, per quanto poco pubblicizzato: il via libera al passaggio dell’86% di Dorna (la media company che detiene i diritti della MotoGP) nelle mani del gruppo che ha saputo reinventare la Formula 1, e che oggi è disposto a pagare 4,2 miliardi di dollari per la massima serie a due ruote.
Comincia oggi, a tutti gli effetti, un nuovo corso destinato ad avere profonde ripercussioni sulla prossima decade del motociclismo – e del motorsport in generale.
Verso l’infinito e oltre
Liberty Media acquista oggi una property sportiva che genera un fatturato annuo di circa 486 milioni di euro – un dato paragonabile a quello di una squadra di Premier League come il Tottenham Hotspur, e ben lontano dai 3,65 miliardi della Formula 1. A differenza di quest’ultima, la MotoGP ottiene quasi la metà dei propri ricavi dai diritti televisivi, mentre solo 140 milioni provengono dalle hosting fees di un calendario che continua ad allungarsi.
È proprio tra le pieghe di questi numeri che Liberty intravede margini di crescita, specialmente nel rapporto fra il costo di ciascun Gran Premio per i circuiti e la crescita dell’affluenza sugli spalti.
Le 22 gare del mondiale costano ai territori poco più di 6 milioni di euro ciascuna, ma registrano numeri di pubblico tutt’altro che trascurabili: Le Mans supera le 311.000 presenze, Jerez le 220.000. A titolo di confronto, il Gran Premio di Spagna di Formula 1, che costa al consorzio dei promoter circa 25 milioni di euro, ha fatto segnare poco più di 300.000 spettatori. È un paragone che non può essere ignorato, sebbene sia altrettanto vero che lo spettatore medio della Formula 1 presenta un potere di spesa superiore. Ma anche questo, evidentemente, è un gap su cui Liberty intende intervenire.
Le sponsorizzazioni sportive, che oggi valgono circa 97 milioni di euro l’anno per Dorna, rappresentano un altro ambito destinato a ricevere attenzione. I circa 634 milioni che entrano nelle casse della Formula 1 sono ancora lontani, ma il nuovo corso – guidato da Dan Rossomondo – sembra orientato a colmare un divario che negli ultimi anni si è allargato, non ridotto, anche alla luce dell’ingresso di partner di rilievo come LVMH, Nestlé, Barilla e Disney nel paddock della F1.
Da qualunque prospettiva la si osservi, la visione di Liberty è chiara: la MotoGP possiede un potenziale inespresso tale da giustificare un investimento così elevato. La scommessa – tutt’altro che sussurrata – è replicare, almeno in parte, il modello vincente già attuato con la Formula 1.

A ciascuno il suo
La MotoGP è oggi il terzo sport motoristico per popolarità al mondo, dietro solo a Formula 1 e NASCAR. Se è vero che la Formula 1 si sta allontanando progressivamente dalla dimensione puramente competitiva per abbracciare quella dell’intrattenimento globale, la battaglia per il secondo posto è tutt’altro che chiusa. NASCAR, pur avendo perso smalto dopo le recenti controversie politiche, rimane un colosso domestico, mentre WEC, IndyCar e WRC stanno recuperando terreno grazie a regolamenti più intelligenti e all’arrivo di nuovi costruttori.
Le due ruote scontano un peccato originale difficile da ignorare: le auto sono più popolari e incomparabilmente più familiari al grande pubblico. Nel Regno Unito circolano circa 34 milioni di automobili, contro 1,4 milioni di motocicli; negli Stati Uniti il divario è ancora più netto: 284 milioni di auto contro appena 8,8 milioni di moto.
Eppure, da un punto di vista sportivo, le gare motociclistiche sono oggettivamente più emozionanti. Non è un’opinione, ma un dato fisico e geometrico: le moto sono più piccole, percorrono traiettorie multiple, frenano su distanze più lunghe e curvano più lentamente – elementi che aumentano la possibilità di sorpasso e rimescolamento delle posizioni. La percezione del rischio, la tridimensionalità della guida, la durata contenuta delle gare, l’assenza di pit stop e la centralità dell’errore umano rendono il motociclismo uno spettacolo genuinamente imprevedibile.
In sintesi: Liberty trova uno sport altamente spettacolare, ma poco praticato. Una combinazione che – pur non priva di insidie – può generare risultati mediatici straordinari.
Stati Uniti e Sud-Est Asiatico: teoria e pratica
Gli Stati Uniti saranno nuovamente un nodo cruciale del piano Liberty, nonostante l’endemica disaffezione del pubblico americano per le due ruote – una distanza che, in Europa, tendiamo spesso a sottovalutare. Qui occorre distinguere chiaramente tra chi pratica uno sport e chi lo segue.
Gli americani usano poco la moto per motivi strutturali: scarsità di entry-level bikes, assenza di linee di credito per chi ha un credit score sotto i 600, grandi distanze, clima avverso, cultura dell’“Outlaw” e, soprattutto, gravi problematiche legate alla sicurezza – cruciali in un paese in cui si guida tanto ma sempre peggio secondo i dati.
Per avere successo negli USA, Liberty dovrà dissociare la MotoGP dalla pratica motociclistica, riposizionandola come spettacolo di adrenalina, coraggio e tecnologia – perfettamente in linea con le esigenze dell’intrattenimento a stelle e strisce.
Nessuna property sportiva può oggi prescindere dagli Stati Uniti: troppo centrali in termini di licensing, sponsorizzazione e consumi. I dati di merchandising e sport retail parlano chiaro. Un eventuale successo della MotoGP sul suolo americano – già terreno di caccia privilegiato della F1 – sarebbe di portata sistemica. In questo senso sarà fondamentale il ruolo di Fox Sports, broadcaster con un portfolio d’élite che include NFL, MLB e NASCAR, e che ha recentemente firmato un contratto pluriennale per i diritti MotoGP.
Altrettanto complesso è il nodo del Sud-Est Asiatico, con cui Dorna ha coltivato una relazione forse troppo ottimista. Thailandia, Malesia, Indonesia, India, Vietnam: territori appassionati di motociclismo ma con capacità economiche e infrastrutturali ancora limitate. L’Asia ama le moto, ma non è ancora in grado di sostenerne la crescita commerciale. Al contrario, la MotoGP resta fortemente ancorata al bacino italo-iberico, purtroppo penalizzato da stagnazione economica ormai decennale. Dal 2007, il PIL pro capite è calato del 2,7% in Spagna e del 9,8% in Italia – un dato che fotografa con chiarezza il restringimento delle risorse disponibili.
Cambio di passo
Non tutto ciò che ha funzionato per la Formula 1 sarà applicabile alla MotoGP. Alcune strategie potranno essere replicate, altre no – e ciò è del tutto fisiologico. Ciò che è certo è il tentativo di trasformare la MotoGP da “pinnacle of motorcycle racing” a “pinnacle of entertainment”, come già annunciato dal nuovo claim “The most exciting sport on Earth” apparso sui pannelli del paddock 2025.
La MotoGP deve diventare una piattaforma globale per i brand: moderna, digitale, valoriale. L’introduzione di app, sistemi avanzati di data capture, pass digitali e una rinnovata brand identity rappresentano i primi passi verso una trasformazione più ampia.
Non è solo una questione economica – anche se il denaro conta, eccome. I grandi marchi consumer, da LVMH a LEGO, sono oggi catalizzatori di popolarità e engagement, ma scelgono le piattaforme su cui investire in base alla loro capacità di penetrare la cultura popolare. Servono grandi storie, e la MotoGP non ne è certo priva. Ma soprattutto servono grandi palcoscenici per raccontarle.
Il percorso sarà lungo, accidentato e non privo di ostacoli. Ma anche inevitabile. I prossimi 5-10 anni saranno forse i più importanti nella storia del motociclismo moderno.

No vacancy
“No vacancy” è il cartello acceso sui motel americani quando tutte le camere sono occupate. Una metafora perfetta per un dilemma moderno e probabilmente inaspettato che Liberty si trova ad affrontare: la Formula 1 è piena. Non ci sono più spazi per sponsor, partner o circuiti. È un bel problema da avere, ma pur sempre un problema. Decine di brand del digitale, dell’intelligenza artificiale, dei pagamenti elettronici, della cyber security che non trovano posto e che -mestamente- sono costretti ad abdicare. È una questione di real estate, o appunto di vacancy.
Ecco allora che la MotoGP può diventare una dépendance strategica per tutti quei brand che oggi non trovano spazio nella F1, o non hanno ancora le risorse per accedervi. “Cominciate qui, poi vedremo se fare il salto” – questo potrebbe essere, implicitamente, il messaggio. E forse vale anche per i circuiti, sebbene in quel caso entrino in gioco anche le omologazioni FIA (Grado 1 e 2).
Per aspera ad astra
Il “dopo Valentino” è stato un periodo complesso per la MotoGP. Il numero 46, lo sportivo italiano più influente degli ultimi 25 anni, non solo aveva portato folle oceaniche sui circuiti, ma aveva rivoluzionato l’intera disciplina. Con lui, nei primi anni 2000, Dorna aveva completato la transizione dal motociclismo del passato a quello del presente.
Oggi, 25 anni dopo, siamo di fronte a una nuova svolta epocale. Una trasformazione profonda che toccherà ogni livello del paddock, dentro e fuori dalla pista. Per chi saprà cogliere questo momento, le opportunità saranno immense.