In Formula 1, MotoGP

kimi-raikkonen-bahrainIl paradossale weekend di Schrödinger appena concluso è contemporaneamente un disastro catastrofico e un grandioso successo di critica e pubblico. Sia la MotoGP che le quattro ruote della Formula 1 hanno visto gare molto diverse dal tipo di tenzone che ci si sarebbe aspettato, con temperature e meteo fuori dalla media e fantozziani colpi di sfiga a colpire questo e quel protagonista.

Proprio il parallelismo fra i destini del Gran Premio del Bahrain e quello di Termas de Rio Hondo, offre il destro all’autore di queste righe per analizzare confusamente ma contemporaneamente gli accadimenti sia di MotoGP che di Formula 1, risparmiando ai lettori di questo blog il calvario mattutino di doversi sorbire ben due articoli del sottoscritto.

La rossa nel deserto

Tornando per un attimo a Schrödinger, al suo gatto e alla metafisica austriaca di inizio secolo scorso, non c’è probabilmente migliore rappresentazione terrena del famoso “bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto” della prestazione della Scuderia Ferrari di ieri, nel deserto del Bahrain. Mentre Margherita, con una poderosa fumata bianca, pianta Sebastiano in mezzo alla pista addirittura prima del semaforo, Kimi Raikkonen riesce a mettere il muso della sua rossa (apparentemente priva di nome) sul secondo gradino del Podio, dietro solo all’eccellente Rosberg domenicale.

Cosa sia successo alla Ferrari di quest’anno è tanto evidente quanto largamente comprensibile. Per colmare il gap tecnico, di velocità e di costanza di passo delle frecce d’Argento, a Maranello durante l’inverno sono stati compiuti i doppi salti mortali. La nuova nata della Scuderia è veloce e prestante, ma -come è più che normale- pecca in affidabilità. Il Cavallino conferma che il progetto della SF16H è ancora lontano dalla sua compiutezza, ma se non altro è vero che, finchè la macchina funziona, allora la tanto attesa bagarre con Mercedes c’è ed eccome. Nessuno mi cava dalla testa che se Sebastiano fosse stato della partita, fra le oasi del deserto si sarebbe ballata un’altra musica.

E nelle due ruote?

Weekend agrodolce anche per l’altra rossa italiana, la Ducati impegnata sul circuito argentino di Termas de Rio Hondo. Non è materia per queste pagine il dibattere e il giudicare sull’accaduto che ha visto Dovizioso e Iannone terminare nella ghiaia a poche curve dalla fine del Gran Premio. L’unica, duplice, considerazione che se ne può desumere è la seguente: nel bicchiere mezzo vuoto c’è che Ducati se ne va dal Sudamerica senza punti, in quello mezzo pieno il fatto che il bolide di Borgo Panigale sia ora a tutti gli effetti un competitor per vincere diverse gare di questo mondiale.

La collisione fra il pilota di Vasto e l’uomo da Forlimpopoli nulla toglie infatti all’egregia prestazione di tutto il Team Ducati, che ha portato una moto competitiva, guidabile e sopratutto velocissima alle prime gare di questo 2016. Il progetto di Dall’Igna c’è, si vede e si sente e buona testimonianza ne è il fatto che, a parte uno scatenato Marquez, in pochi ieri riuscivano a tenere testa alla coppia rossa.

Il weekend di Valentino

Rimanendo in questioni a due ruote, è stato a due facce anche il weekend di Valentino Rossi, giunto al secondo gradino del podio grazie all’affaire fra i ducatisti ma, a dire il vero, frenato da una seconda moto che non ha performato come la prima. È da dibattere se la colpa del palese rallentamento della seconda M1 col numero 46 sia colpa del gommista francese: certo è che, mentre nella prima parte di gara il Dottore era riuscito a dar filo da torcere a Marc Marquez, nelle ultime 10 tornate il suo ritmo era calato di quasi un secondo al giro. Non c’è modo, ad ora, di sapere cosa abbia provocato la differenza di prestazioni: dal garage Yamaha dicono che le due moto erano assolutamente identiche (anche nel famoso ammortizzatore sostituito su entrambe le moto prima della gara), mentre da Michelin arrivano rassicurazioni sul fatto che pure le gomme fossero altrettanto speculari.

Alcune assolute menzioni di merito, pur nel weekend Schröederiano sono comunque d’obbligo.

Nel deserto del Bahrain, ad opinione di chi scrive, hanno brillato un eccellente Grosjean e un ottimo Stoffel Vandoorne. Richiamato a mezzo corriere espresso dal Giappone dopo essersi sciroppato 100 giri di Endurance, il pilota belga ha messo in piedi un weekend da applausi con la McLaren migliore degli ultimi due anni. Decimo posto meritatissimo e un vivo plauso per aver colto al volo l’opportunità con una prestazione maiuscola.

Nelle moto, i complimenti sono d’obbligo per un Laverty dimenticato dalle telecamere ma capace, certamente anche grazie alla gran copia di cadute, di far segnare uno storico quarto posto al Team Aspar.

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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