A guardarla da qui, questa Montecarlo, non si sa bene cosa sia. Un gioiello incastonato nella costa francese o un giochino inanimato, fatto di prati perfetti e signori benvestiti. Sullo sfondo di un Principato tirato a lucido e incravattato come d’occasione, la sorte tinteggia a pastelli chiari e scuri la fotografia di ciò che è quest’epoca della Formula 1. Un’Epoca, e chissà se il maiuscolo davvero è d’obbligo, comicamente demodè, magnificamente garrula e splendidamente inutile. Come quella Monaco che lo ospita, il Gran Premio più blasonato della stagione è un teatrino poco comprensibile, a tratti emozionante e a tratti d’una noia mortale. E’ F1 di Schroedinger, è una serata ad un bellissimo casinò sulla costa, in cui ci si lambicca senza esperienza e poco gusto a veder gli altri giocare fino a quando, sorprendentemente, non ci si accorge di aver buttato il portafogli pieno e le chiavi di casa sulla roulette.
La corsa, dopo un trenino di soporifera fattura di 65 e rotti giri, viene improvvisamente scombinata dagli dei delle 4 ruote, spazientiti da tutto quell’ozioso pendolarismo per le strade troppo strette di una città troppo ricca anche per pagare il Gran Premio. Le suddette divinità motoristiche accecano Verstappen, novello Icaro, che dopo una gustosa rimonta perde la ragione e l’uso del pedale del freno, catapultandosi contro Grosjean e fracassandosi (grazie al Cielo senza conseguenze) contro un’altra divintà: Santa Devota.
E’ il patatrac generale e quel mondo minuzioso, britannicissimo e iperperfezionista che è la Formula 1 non ci capisce più un’acca. Virtual Safety Car, anzi no, mandiamo dentro quella vera che il futuro è bello ma lo proviamo poi un’altra volta. Il Team Mercedes richiama Hamilton, leader della corsa, per un pit stop inutile quanto un carro dei gelati a nord di Trompso. Quando l’anglocaraibico rientra è dietro a Rosberg e Vettel e, perplesso, chiede alla radio: “What’s happening guys?”, parodia odierna e meno consapevole del “che succede amico?” di Bugs Bunny. Dal box tergiversano, dicono che guarderanno i tempi, parleranno a Charlie, chiederanno in Ferrari ed eventualmente faranno alla Morra Cinese con il redivivo Rivola, Arrivabene, Lauda e Paddy Lowe. Quando cala la bandiera vince Rosberg, che ha il doppio merito di guidare una macchina le cui gomme vanno in temperatura dopo mezza curva e di non sbagliare niente in gara. Bene anche Vettel, che tiene dietro il Campione del Mondo e fa vedere una volt in più che è pilota vero e costante.
A guardarla, o riguardarla, da qui, questa Montecarlo, non si capisce quasi niente. C’è il bellissimo e il bruttissimo di questa F1.
E’ una F1 di talenti cristallini che volano fra le strade del Principato a 300 all’ora, e di piloti automi che con 25 secondi di vantaggio a dieci giri dalla fine rientrano ai box solo perchè glielo dicono via radio. E’ una F1 dai sistemi di sicurezza pressochè perfetta e che poi fa correre un ragazzo di 17 anni con poca esperienza in in circuito largo come il mio salotto. E’ una F1 super tecnologica di Virtual Safety Car e telemetrie esasperate in cui poi si combinano pasticci inspiegabili e puerili come quello commesso dal Box Mercedes.
Tenera è la notte, diceva Fitzgerald, perchè molto c’è da riflettere dopo questa corsa senza mezzi termini, tutta luci e ombre. Hamilton ha perso una gara già vinta e, anche se le teorie del complotto bussano già alla porta, chi scrive queste righe propende per l’errore umano di una Scuderia arrogante, snob e ancora non pronta all’etichetta di “dinastia”. Ad aggiungersi a questo, c’è un altro tema, troppo poco trattato in queste ore in cui il MercedesGate la fa da padrone e che invece merita la ribalta.
In un Gran Premio in cui il giro più veloce è di 1:18.063 e segnato da una Safety Car rientrata a 10 giri dal termine, Ericsson, Bottas, Massa, Mehri e Stevens hanno accumulato più di 30 secondi di ritardo, al netto di Alonso, Maldonado e Verstappen ritirati. Significa che più o meno metà dello schieramento becca 3 secondi a giro nella pista più lenta del Mondiale: un divario terrificante e in costante crescita fra Mercedes e Ferrari e il resto del Mondo.
A questo, più che alla battaglia navale fra Rosberg e Hamilton, dovrebbe pensare il Circus. Che se ne va da Montecarlo esattamente come era arrivato: metà in yacht e metà in autostop.