Nella sua rubrica intitolata “Ultimo giro” del settimanale italiano Motosprint, Stefano Saragoni propone un interessante approfondimento sulla storia del Motomondiale attraverso i diritti televisivi, con particolare riferimento al contesto italiano.
I consumatori sono ormai abituati a godersi lo sport sulle televisioni a pagamento e sui canali di trasmissione esclusivi. In Italia, la Serie A, i Gran Premi di Formula 1, i tornei di tennis più prestigiosi e tutte le gare del Motomondiale sono trasmessi dalle principali reti televisive a pagamento, che offrono agli amanti dello sport produzioni di altissima qualità e canali dedicati. Ma non è sempre stato così, tutt’altro. Come ricorda bene Saragoni, non è passato molto tempo da quando Mediaset trasmetteva le gesta degli eroi del Motomondiale sulla TV ad accesso libero, con Guido Meda – ilpiù popolare commentatore sportivo italiano di MotoGP – che urlava a squarciagola il suo celebre “tutti in piedi sui vostri divani, adesso” a milioni di telespettatori italiani. Erano anni brillanti in cui le due ruote godevano di grande popolarità: la TV ad accesso gratuito e i trionfi di Valentino Rossi avevano reso il Motomondiale un evento di successo. Campionato del Mondo di Motociclismo il programma da non perdere dopo un tipico pranzo domenicale in quasi tutte le famiglie italiane. I livelli di audience di quegli anni sono ancora ineguagliati: diversi milioni di spettatori seduti davanti ai loro schermi televisivi ogni domenica di gara.
L’equilibrio tra TV ad accesso libero e TV a pagamento è sempre stato difficile da trovare, come dimostrano anche i vertici del Motomondiale che oscillano ritmicamente tra questi due estremi. Dal 1981 al 1992, la RAI (la rete televisiva nazionale italiana) ha trasmesso liberamente le moto più veloci del mondo prima di essere spodestata da Tele+, il precursore di Sky e la prima pay TV in Italia. Si trattò di un esperimento durato 5 anni, al termine del quale la rete televisiva nazionale riprese i diritti di trasmissione per poi venderli a Mediaset nel 2002. Sky è entrata in gioco nel 2014 quando si è offerta di diventare la TV dei motori e ha acquistato i diritti della Formula 1 e della MotoGP per creare due canali incentrati sui motori, Sky F1 e Sky MotoGP, che trasmettono talk show 24 ore su 24, 7 giorni su 7, i tradizionali Gran Premi e le telecronache sportive dei due sport motoristici più popolari del pianeta. Tra l’altro, Sky ha recentemente confermato il rinnovo dei diritti del Campionato del Mondo di Motociclismo fino al 2021, mettendo così a tacere le voci mai convincenti secondo le quali Mediaset avrebbe ripreso il controllo.
Perché la MotoGP viene trasmessa dalla pay TV?
Dorna, l’organizzazione spagnola a capo del Campionato del Mondo di Motociclismo, è l’ente incaricato di gestire i diritti televisivi delle gare a due ruote più conosciute al mondo. Quando arriva il momento di rinnovare l’accordo, Dorna valuta le offerte sul tavolo in ogni singolo paese. La decisione finale si basa, ovviamente, su interessi strategici ed economici, oltre che su prospettive a medio e lungo termine. Quando nel 2014 Sky Sport Italia ha offerto una cifra significativa per rilevare i diritti di trasmissione da Mediaset, il progetto del colosso di Rogoredo era piuttosto evidente: offrire agli amanti dei motori un pacchetto imperdibile, che comprendesse il meglio che le due e le quattro ruote possono offrire su canali dedicati e programmi ad hoc. Dorna ha accettato l’offerta sapendo che avrebbe perso parte dell’audience generale ma avrebbe beneficiato di un duplice vantaggio: un introito monetario molto significativo (di gran lunga superiore a qualsiasi altra proposta ricevuta da Mediaset) e la garanzia di spettatori di alto profilo con un interesse molto forte per il prodotto. Dal punto di vista dei consumatori, questa transazione ha tracciato una linea molto netta per discriminare tra chi è disposto a spendere un mucchio di euro ogni anno per continuare a guardare il proprio sport preferito e chi invece preferisce passare ad altri momenti di svago e programmi televisivi. Inutile dire che quando si passa dalla TV ad accesso gratuito a quella a pagamento, il numero assoluto di spettatori è destinato a crollare (la riduzione è stata in media di 1 spettatore su 4 nel passaggio da Mediaset a Sky). Allo stesso modo, è abbastanza evidente che gli abbonati a Sky hanno a disposizione un prodotto di gran lunga migliore e implementato, con un maggior numero di interviste e opzioni di programma, oltre a una trasmissione completa e ampia.
Pay TV e sponsorizzazioni: un equilibrio impegnativo
Il passaggio dall’accesso gratuito alla pay TV ha portato anche un altro evidente effetto collaterale: gli sponsor hanno fatto un passo indietro poiché la base di spettatori che possono raggiungere ora si è notevolmente ridotta rispetto ai 5 milioni di spettatori originari ogni fine settimana (1.157.000 spettatori per il GP 2018 in Spagna su Sky, secondo quanto riportato da motorsport.com).
Inoltre, il prodotto per le aziende disposte a investire è cambiato radicalmente: nei primi anni 2000 la MotoGP era un prodotto di largo consumo, veniva trasmessa la domenica dopo il telegiornale sulle reti pubbliche e riuniva intere famiglie, tra cui nonne, nipoti e amici, davanti al televisore con una tazza di caffè in mano. Attualmente, il MotoGP è diventato quasi un evento per specialisti, per pochi fan che si siedono religiosamente sui loro divani alle 10 del mattino per guardare le gare di Moto3, Moto2 e MotoGP, la cerimonia di premiazione dei vincitori e le interviste.
Nonostante questo contesto in evoluzione, il ruolo delle sponsorizzazioni non è cambiato e continua ad avere un ruolo fondamentale sia negli sport motoristici che negli sport in generale. Senza il denaro degli sponsor e il loro supporto tecnologico e organizzativo, i team non possono gareggiare e non sarebbe possibile garantire il numero di piloti previsto dal contratto sulla griglia di partenza di ogni Campionato del Mondo di Motociclismo. Il punto è che i soldi devono essere trovati, in un modo o nell’altro, sia che si tratti di sponsorizzazioni stipulate con molte aziende interessate (il modello dell’anno 2000), sia che si tratti di diritti televisivi e successiva assegnazione ai team (il modello attuale).
Oltre alla contrazione degli ascolti assoluti, un’altra preoccupazione per gli sponsor è il fatto che il pubblico è sempre più verticale, quindi meno trasversale. Un tempo il pubblico dei programmi di sport motoristici comprendeva persone di ogni età, sesso, classe sociale e condizione economica. Attualmente, questa affermazione non può essere sostenuta con lo stesso livello di certezza. I grandi prodotti di consumo e le aziende con target popolari e proposte trasversali stanno gradualmente scomparendo da uno scenario che lascia il posto a bevande energetiche, lubrificanti, accessori per moto e prodotti hi-tech. Pensa al ruolo che le sponsorizzazioni motoristiche hanno avuto nella storia del marketing per favorire il successo e la crescita di alcuni marchi di sigarette, come Mild Seven, Rothmans e West, che altrimenti sarebbero rimasti anonimi sul mercato.
Sponsor e diritti TV: trovare un equilibrio tra questi due estremi
Il noto detto latino “in medio stat virtus ” (la virtù sta nel mezzo) non si applica a questo specifico contesto. Non è possibile trovare una soluzione intermedia tra questi due scenari contrastanti, ovvero la TV ad accesso libero, da un lato, e la TV pay per view, dall’altro. Con la TV ad accesso libero, la quantità di diritti televisivi è più limitata e il pubblico è meno specializzato, ma il numero di spettatori è maggiore e gli sponsor più numerosi. Con la pay-per-view TV, invece, i proventi dei diritti televisivi sono più alti, ma quelli delle sponsorizzazioni sono più bassi perché il pubblico è più limitato ed eccessivamente verticale. Una soluzione potrebbe arrivare da TV8, che sembra in grado di spostare l’equilibrio. Grazie alle sue trasmissioni in diretta e a un numero significativo di trasmissioni registrate, svolge il ruolo di paciere tra questi due estremi, anche se non sposta di molto i numeri.
Come è evidente, la questione non ha una soluzione univoca, ma piuttosto due soluzioni ugualmente corrette da un certo punto di vista: due modelli diversi rivolti a pubblici diversi e con tempistiche diverse. Da un lato, è lecito pensare che il futuro della TV sarà molto probabilmente completamente on demand (con servizi come Netflix, Amazon Prime Video, Hulu, HBO Now, che hanno già iniziato a cambiare lo scenario dell’intrattenimento); dall’altro, è altrettanto vero che la TV ad accesso gratuito continua a generare il pubblico più imponente.
Ti è piaciuto questo post? Non perdere l’occasione di condividerlo!
Vuoi metterti in contatto con noi? Inviaci un messaggio a info@rtrsports.com
[eng-blog]