In Formula 1, Formula1

Come ricordato più volte all’interno di questo blog, la Formula 1 -ma lo stesso dicasi per altri grandi serie del motorsport come la MotoGP e la Formula E– rappresenta una straordinaria piattaforma mobile di marketing per tutte le aziende sponsor e i brand collegati ad esse.

Non così di sovente abbiamo invece sottolineato un altro, fondamentale ruolo del massimo campionato a quattro ruote del mondo, ovvero quello di fungere da eccezionale laboratorio di R&D per i manufacturer, ovvero i produttori di automobili e gli OEM che vanno materialmente a comporre la griglia del Circus.

Questi due temi, il marketing e l’R&D, costituiscono le “reason why” per cui i grandi marchi dell’industria automotive scendono in pista a Domeniche alterne e decidono di impegnarsi in titanici sforzi competitivi per prendere parte al Campionato. La Formula 1, anche per brand già eccellenti come Mercedes, Pirelli, Aston Martin e Brembo, è non solo il modo per farsi vedere vincenti ed emozionanti, ma anche il banco prova su cui sviluppare le tecnologie del domani. Freni, pneumatici, motori ibridi e migliaia di altre componenti studiate per le competizioni verranno, negli anni a venire montate sulle nostre vetture di tutti giorni per renderle più performanti, più sicure, più intelligenti.

Questo eccezionale impegno -che va dalla progettazione alla realizzazione, dalla gestione alla logistica- ha costi altrettanto mastodontici. Nel 2019, prima dell’introduzione del budget cap, il team Mercedes campione del Mondo ha speso complessivamente 484 Milioni di dollari per prendere parte alla stagione [1], una cifra superiore -anche se di poco- ai 463 Milioni di Ferrari e 445 di Red Bull Racing.

Proprio per questo, dalla stagione 2021, la FIA ha introdotto il budget cap, un tetto economico operativo (ne rimangono esclusi ad esempio i salari di piloti e top management) fissato a 145 Milioni di dollari per tutti e destinato a calare di 5 milioni l’anno per almeno le prossime 4 stagioni[2]. Nonostante questo importante strumento finanziario, voluto dagli organi direttivi per incrementare la competitività e offrire possibilità di crescita ai team in fondo alla griglia, rimangono cifre da capogiro.

Come fa, dunque, una squadra di Formula 1 a guadagnare il denaro necessario a scendere in pista? E dove fanno, in sostanza, soldi i team di F1?

Come fa un team di Formula 1 a guadagnare

È necessario cominciare dicendo che “guadagnare” non è il termine esatto e che forse “ricavare” potrebbe essere una parola più corretta. Diceva un vecchio adagio, che non manca mai di strappare qualche sorriso ma che rende bene il concetto, che la “Formula 1 è uno sport per miliardari che vogliono diventare milionari”.

I ricavi di una squadra di Formula 1, volendo generalizzare, possono essere suddivisi in 4 elementi portanti:

   Le sponsorizzazioni

   I dividendi della FOM

   Gli investimenti dei manufacturer e degli OEM

   i piloti “pay to play”

Tifosi Ferrari a Monza

Le sponsorizzazioni nella Formula 1

In queste pagine, il tema della sponsorizzazione in Formula 1 è stato già abbondantemente trattato. Le più grandi aziende mondiali, che puntano sulla incredibile visibilità e sul poderoso accostamento valoriale della massima serie a quattro ruote, investono con continuità nel circus.

Le cifre, che variano moltissimo, partono dal milione di euro per arrivare ai grandi contratti come quello di Petronas – Mercedes dal valore di 42 Milioni di euro all’anno, o quello tra Oracle e Red Bull Racing stimato in 300 Milioni nel prossimo quinquennio[3].

L’ultimo grande trend, in tal senso, è quello delle sponsorizzazioni nelle criptovalute, negli exchange, negli NFT e in generale nell’economia digitale e tutto ciò che la sottende.

I dividendi FOM

La FOM, Formula One Management, divide fra le squadre partecipanti parte dei ricavati dai diritti televisivi e dagli altri incassi. La divisione di questi danari è complessa e ha creato non poche discussioni negli anni che furono, specie fra il Cavallino e altre scuderie. Cerchiamo di semplificare.

Per cominciare, ogni squadra che si è classificata per le scorse due stagioni riceve 36 Milioni di dollari[4] come gettone di partecipazione per schierare due macchine sulla griglia. Questa cifra è uguale per tutti e costituisce la base operativa di molti dei team minori.

Una seconda tranche di finanziamenti FOM vengono divisi fra i team a seconda del risultato dell’anno precedente, con maggiori quote riconosciute ai vincitori e a calare a seconda del posizionamento in classifica. Nel 2019 Mercedes ha, secondo questa regola, ricevuto 61 Milioni di dollari per aver vinto il Campionato del mondo. Solo 13 ne sono arrivati a Williams, ultima classificata.

Altre quote, più dibattute, vengono riconosciute al Long Standing Team, ovvero Ferrari, per avere preso parte a tutti i campionati del mondo sino ad oggi disputati, e ai CCD, ovvero ai team che hanno vinto più campionati del Mondo (Ferrari, McLaren, Mercedes, Red Bull). Questa area di finanziamenti, che come detto è un’area più grigia ed è stata lungamente dibattuta, trova profonde radici nel cosiddetto Patto della Concordia, dal nome di Place de La Concorde a Parigi dove ha sede la Federazione Internazionale dell’Automobile.

Gli investimenti dei manufacturer

I grossi costruttori come Mercedes, Ferrari e Aston Martin solo per citarne alcuni, sono spesso i primi finanziatori delle loro stesse Scuderie, che non a caso vengono definite “factory” proprio perchè estensione in pista dei produttori di vetture stradali.

Nel 2019 il Team AMG Mercedes F1 ha ricevuto da Daimler, la parent company del colosso tedesco, la somma di 80 Milioni di euro per progettare e perfezionare la vettura che avrebbe preso parte al campionato[5].  Per lo stesso motivo 25 Milioni sono stati investiti da Aston Martin, all’epoca impegnata nel ritorno nella massima serie e bisognosa di iniezioni di capitale per lo sviluppo della vettura.

Questo tipo di investimenti, come già citato in apertura, sono in realtà investimenti di marketing e R&D per i costruttori, che hanno tutto il vantaggio a schierare nella più prestigiosa competizione automobilistica vetture performanti e vincenti. Ingente, ad esempio, è stato il ritorno che la stessa Mercedes ha avuto in termini di vendite di vetture stradali, da quando è iniziato il suo successo nell’era ibrida della Formula 1 terminata nel 2022.

Lando Norris - McLaren

I “pay driver”, ovvero i piloti paganti

Non è più un segreto che molti piloti portino con sé una dote importante da offrire alla squadra che li metterà dietro al volante.

Questa pratica, che in passato ha fatto alzare più di un sopracciglio, è in realtà stata sdoganata negli anni recenti, quando l’avvento dei Mazepin, dei Latifi e degli Stroll ha messo alla luce del sole l’importanza delle economie famigliari nella scelta di questo o quel pilota.

Lo stesso Lando Norris ha ricevuto ampio sostengo economico da parte del padre, fondatore dello studio di broker Hargreaves Landsdown, che ha investito nel giovane britannico e nella scuderia McLaren attraverso la consociata Horatio Investments per 12 Milioni di sterline all’anno dal 2017 al 2019[6].

È importante intendersi qui su un tema che è decisivo ai fini dell’importanza sportiva di simili operazioni. Questi ragazzi, spesso provenienti da famiglie abbienti, sono comunque e soprattutto straordinari talenti del volante. Nessuna squadra, per quanto bisognosa di denaro, avrebbe alcun vantaggio ad affidare simili automobili alle mani dell’ultimo, per quanto ricchissimo, arrivato.

Si pensi ad esempio a Checo Perez, da sempre ben finanziato dalla Messicana TelCel che lo segue da tutta la sua carriera e agli ottimi risultati che ha portato in pista anche assai di recente per Red Bull Racing e prima ancora per Racing Point e altri.

In conclusione: i costi della Formula 1 e il senso dell’esercizio

La Formula 1 è uno sport estremamente complesso e profondo in ogni suo aspetto.

Il “pinnacle del motorsport” è un coacervo di tecnologia, ricerca, talento, sforzo produttivo, impegno logistico e risorse organizzative. Le squadre, spesso numerosissime, mettono in pista prototipi che sono capolavori di ingegneria e che si sfidano per 10 mesi in 5 continenti. L’impegno economico che un simile esercizio richiede è altrettanto imponente.

Per farvi fronte, ogni team ha più fonti di reddito, dalle sponsorship ai dividendi FOM ai supporti di manufacturer e investitori privati. Tenere a bada queste economie, così diverse e sfaccettate, è compito arduo e basato su equilibri sottili e sfumati. I soldi significano da sempre capacità di sviluppo, possibilità di investimento e, in ultima analisi, performance.

Trovare vie democratiche e giuste, che però non tarpino le ali alle possibilità di crescita dello sport e dello spettacolo, è tema di discussione di questi mesi non solo per la Formula 1 ma per tutte le massime leghe e serie sportive. La soluzione a questo rebus darà, necessariamente, il volto allo sport degli anni che verranno.

 

 

 


1] https://www.essentiallysports.com/f1-news-what-are-the-budgets-for-f1-teams-including-mercedes-red-bull-ferrari/

[2] https://www.motorsport.com/f1/news/alonso-questions-driver-salary-cap-when-f1-is-asking-more-from-us/10317358/#:~:text=F1%20introduced%20a%20budget%20cap,inflation%20and%20increased%20freight%20costs.

[3] https://f1chronicle.com/do-f1-teams-make-money/#:~:text=The%20most%20lucrative%20way%20for,Lance%20Stroll%20of%20Nicholas%20Latifi

[4] https://onestopracing.com/how-do-f1-teams-earn-money/

[5] https://onestopracing.com/how-do-f1-teams-earn-money/

[6] https://f1chronicle.com/lando-norris-bucks-the-pay-driver-trend/

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Emanuele Venturoli
Emanuele Venturoli
Laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all'Università di Bologna, è da sempre appassionato di marketing, design e sport.
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