Pubblichiamo in forma integrale l’intervento che abbiamo tenuto alla Terza Edizione dell’Evento “Sport e Sostenibilità: Un trend crescente perchè fattore distintivo”, tenutosi all’Acquario Civico di Milano il 27 Novembre 2024
La flotta complessiva della Formula 1 pesa approssimativamente 1,540 Tonnellate, divisa fra equipaggiamento dei team, attrezzature per il broadcasting, materiali elettrici e strutture di hospitality. Nella stagione 2025 questa flotta viaggerà per un totale di 130,000 Km per mare e per cielo nel corso delle sue 24 tappe: una distanza che equivale a circa tre volte e mezzo il giro del mondo.
Alle agenzie, gli sponsor chiedono oggi un aiuto per spiegare al pubblico e agli stakeholders come tutto questo rappresenti l’apice di un progetto di comunicazione sostenibile.
Il ruolo dell’agenzia: un profilo in cambiamento
È impossibile oggi parlare di agenzia di marketing sportivo senza menzionare rapidamente il profondo mutamento che queste stanno attraversando.
L’agenzia come intermediario
L’agenzia nasce infatti -e prospera nel secolo scorso- come organismo di mediazione fra due parti che possiedono interessi comuni ma non combacianti. Due soggetti che -in teoria- vogliono vendere da un lato e comprare da un altro ma i cui destini non si sono ancora incrociati. L’agenzia, che conosce sia A che B, unisce i proverbiali ultimi metri di ferrovia e rende possibile l’affare. L’esempio classico di questo modello è quello dell’agenzia immobiliare. Come è facile intuire questo ruolo di pura mediazione viene a scomparire con l’alba della comunicazione digitale, di internet e di tutto quello che si può raggiungere con un clic di distanza. Se A e B possono trovarsi -e parlarsi- in autonomia, il ruolo del mediatore sbiadisce rapidamente.
L’agenzia come problem solver
Il secondo e successivo modello è quello dell’agenzia come Problem Solver. Tramontata la funzione del mediatore, le aziende cercano nuclei di conoscenza che risolvano questioni tattiche e situazioni specifiche senza che le competenze debbano essere portate in-house. Le agenzie di comunicazione, di design -o nel caso sportivo di ospitalità e sport travel- sono esattamente questo. Il tramonto di questa fattispecie si ha con un duplice avvento: lo svilupparsi di strumenti più avanzati e -nel caso sportivo- l’irrobustirsi delle competenze delle sport properties. Mi si conceda di banalizzare: quasi nessuno ha più bisogno di uno studio grafico da quando esiste Canva, così come quasi nessuno ha più bisogno di uno sport travel agent se l’ufficio marketing della sport property si occupa non solo di pass ma anche di transfer e accomodati degli ospiti.
L’agenzia come consulente
Infine, ed è questa la fase in cui ci troviamo, si giunge all’agenzia come gruppo di consulenti, ovvero quel centro di conoscenza, expertise e competenze cui ci si rivolge affinché si possano prendere decisioni più proficue ed in maniera più efficiente. Certo, il ruolo di mediazione è ancora intatto, così come il know-how e le abilità pratiche, ma a spostarsi qui è il baricentro del decision-making, che viene mosso all’indietro e in un certo qual senso messo nelle mani dell’agenzia stessa. All’agenzia/consulente il cliente affida i propri obiettivi, i propri asset ed una propria visione, ma confida che il risultato dell’equazione sia più alto della singola somma dei fattori.
In momenti strategicamente importanti come la scelta di un progetto di sponsorizzazione, la costruzione di un piano di comunicazione sportiva e l’efficiente gestione dei benefit di marketing e del processo di attivazione ecco che il ruolo di consulente si concretizza in tutto il suo straordinario fascino.
La sponsorizzazione sportiva: ere in movimento
Non è solo l’agenzia di marketing sportivo a cambiare. Anzi, l’agenzia di marketing sportivo cambia perchè il marketing sportivo cambia. O meglio ancora perchè cambia lo sport e la cultura in cui esso è immerso. E soprattutto perchè cambiano i consumatori.
Volendo anche qui schematizzare possiamo individuare 5 ere della sponsorizzazione sportiva:
- Era della visibilità
- Era del Proof of concept
- Era dell’Engagement
- Era della monetization
- Era della costruzione del brand come Friendly Superhero
Era della visibilità
Cosa sia l’era della visibilità, agli albori del concetto di sponsorizzazione, è facile da capire. In un’epoca in cui i marchi lottavano innanzitutto per la brand awareness e per diventare top of mind, i grandi loghi su auto, moto e divise sono gli assoluti protagonisti del panorama del marketing sportivo. Il concetto di base è semplice: lo sport è supporto, piattaforma per la notorietà.
Era del Proof of concept
Con il proof of concept il concetto cambia, slittando dalla visibilità alla qualità eccellente del prodotto rappresentato, che è tanto buono da essere usato -almeno a parole- anche da squadre, sportivi e competizioni eccellenti. Nasce la sponsorizzazione tecnica e il beneficio dell’essere supplier. Qui lo sport è esempio, banco di prova, dimostrazione di bontà.
Era dell’Engagement
Con l’affacciarsi del nuovo millennio le donne e gli uomini di marketing si trovano di fronte ad un mondo radicalmente mutato: i prodotti competitor sono milioni, la visione degli eventi sportivi frammentata dalle pay-per-view, le abitudini dei consumatori stravolte da una nuova modalità di informazione e comunicazione, quella online. I grandi consumer brand capiscono che per uscire dal clutter devono fare sentire qualcosa al consumatore, se vogliono conquistarlo. Se “see” era il verbo della visibilità, “learn” quello del proof of concept, è “feel” quello dell’era dell’engagement, di cui gli energy drink sono i decisi apripista. Grandi attivazioni, grandi esperienze, mondi che si intrecciano fra loro, saltando dall’online all’offline e cross media. È un mondo eccitante, ma che si basa su una premessa non scontata: faremo succedere delle cose. Non sono già sponsor, ma partner.
Era della monetizzazione digitale
Questa epoca si chiude appunto quando fare succedere le cose diventa impossibile e quando il COVID blocca il mondo dello sport e non solo dentro le mura delle case e degli impianti chiusi. Forzati dalle circostanze molti brand iniziano ad emergere grazie alle loro caratteristiche di intangibilità e flessibilità: sono i brand del web 3.0, le criptovalute, gli NFT, le blockchain. Guidate da imprenditori giovanissimi e dotate di patrimoni tanto immensi -quanto spesso fragili- cambiano completamente il mercato della sponsorizzazione. La sponsorizzazione è qui un volano per il denaro, per permettere ai brand sponsor di crescere ancora di più i loro portafogli digitali. Nei contratti di sponsorship, precipitano i benefici fisici a fronte di supporto digitale, accesso ai database, interazione social media.
L’iceberg in movimento e l’Amico Supereroe
Parlando di attivazioni, oggi la sponsorizzazione viene da noi spesso rappresentata come un iceberg di cui la visibilità è solo la punta emersa ma che viene tenuto a galla dal grande blocco di attivazioni -online, offline, esperienziali e via discorrendo- che naviga sotto il pelo dell’acqua.
Dico “naviga” perchè questo iceberg qui rappresentato è in costante movimento con le correnti, con i trend e i cicli naturali del marketing. Così come il rapporto fra parte emersa e parte immersa è mutevole a seconda della temperatura che lo circonda, così anche le coordinate di questo oggetto sono sempre diverse.
A non cambiare, neppure fra le varie ere della sponsorizzazione, è invece il concetto generale di una punta di exposure che emerge dall’acqua -è ciò che vediamo della sponsorizzazione, i loghi sulle divise, sugli alettoni, i led a bordocampo- in realtà sorretta dal grande mondo subacqueo di tutto quello che deve essere attivato.
Un’altra rappresentazione che ci piace molto -e che può essere affiancata a quella dell’iceberg in movimento- è quella della sponsorship come Amico Supereroe, figura-chiave della quinta delle ere della sponsorizzazione menzionate e quella in cui ci troviamo noi.
Finalmente i brand sono diventati qualcosa di più. Non più sponsor, non più partner siedono accanto allo spettatore e ne condividono -ne devono condividere- passioni, amori, tensioni, quotidianità. Sono amici in quanto camminano con loro attraverso le cose che gli interessano, ma sono Supereroi nella capacità di farle succedere e di realizzare questo desiderio. “Io posso farti incontrare il tuo pilota preferito”, “io posso aiutarti a vivere esperienze straordinarie”, o nel caso delle sponsorizzazioni grassroot “io posso aiutarti a diventare chi vuoi”.
Vedete, il pubblico -chiamatelo come volete: consumatori, spettatori, fan, audience- è profondamente cambiato, specie quello molto giovane. È un pubblico che oggi pretende che i brand, e ancora più gli sponsor, sostengano le loro cause, siedano accanto a loro nelle loro battaglie, condividano i loro ideali, difendano il mondo e le idee da ciò che gli fa paura.
Sponsorship e sostenibilità
La sostenibilità, finalmente ci siamo arrivati, è oggi al centro di questa nuova amicizia, al cuore del nostro iceberg in movimento.
Conversavo giusto pochi giorni fa con un ragazzo -Simone- che è grande appassionato di sport, dal trail running allo snowboarding a tutto ciò che è “montagna”. Simone, che lavora a stretto contatto con lo sport professionistico ed è maestro di Sci, è un buon esempio di come queste nuove generazioni, quelle antecedenti ai Millennial per intenderci, interpretino i brand: non ama il fast fashion, non è attratto dal “brand per il brand”, è disposto a spendere di più se un capo di abbigliamento o un oggetto è sostenibile e prima di acquistare, si informa sull’azienda e sulle logiche che la sorreggono. Con grande orgoglio, sullo smartphone, mi mostra la nuova sede aziendale -tutta in legno ed energicamente autonoma- del nuovo brand da cui ha acquistato l’ultima tavola da Snowboard. Con la medesima passione mi racconta di come ancora possieda le magliette di Patagonia acquistate anni fa, e del grande sforzo profuso nell’attivismo sociale e climatico da parte del brand, recentemente venduto ad una società no profit che opera per la difesa dell’ambiente.
Il ruolo dell’agenzia, ipocrisie e false credenze
Cosa c’entra l’agenzia in tutto questo? Bene, continuando nella nostra figura retorica, nella relazione fra il consumatore e l’amico Supereroe l’agenzia è quella che accende il riflettore nella notte per segnalare la necessità -o l’opportunità di un intervento. Siamo insomma il Commissario James Gordon del marketing sportivo. È il commissario di Batman, quello insomma che accende il Bat Segnale.
L’agenzia consulente ha oggi la necessità di mostrare la retta via e dunque l’importanza della sostenibilità a quei brand che rischiano di non dare sufficiente importanza alla questione. Ha il compito di accendere il riflettore sui temi sociali, ambientali ed economici ricordando che questi sono non solo importanti per il consumatore, ma essenziali per la lunga durata e l’efficacia del progetto.
Come può farlo? In tre modi:
- mostrando ricerche scientifiche e dati aggiornati sull’importanza di progetti sostenibili
- presentando case histories di esempi virtuosi
- ideando attivazioni creative e d’impatto che siano tanto memorabili quanto preziose per il circostante.
Su questo ultimo punto nello specifico è bene intendersi con grande chiarezza.
La sostenibilità non è gratis, non è senza sforzo, non arriva senza pensiero. Al contrario impone sacrifici, richiede competenza e impegno, obbliga ad una scelta che non è quasi mai quella più facile. Ma all’agenzia sta anche il ruolo di togliere il velo di Maya sulle ipocrisie e sulle false credenze e di demistificare con coraggio i falsi miti credenze da bar.
Tornando alla apertura: potrà mai essere sostenibile qualcosa che fa viaggiare 1540 tonnellate di materiale per tre volte la circonferenza terrestre?
Questo è un po’ l’elefante nella stanza.
Motorsport e sostenibilità
Questo è in effetti un altro tema scottante, importantissimo per chi come noi lavora nell’ambito dei motori. Il motorsport sconta un peccato originale non da poco ovvero quello di essere il gioiello nella corona di un’industria che da sempre è legato a doppio filo con il concetto di inquinamento e di impatto ambientale.
“Non possiamo sponsorizzare il motorsport” -ci dice un prospect durante una iniziale riunione conoscitiva “è troppo inquinante”.
In verità il motorsport, come qualsiasi altro grande evento, impatta non tanto per lo sport, quanto per il contorno che gira attorno allo sport. La ricerca ci dice che le 20 automobili da Formula 1 che corrono per i 300 chilometri del Gran premio pesano per il 2% sul totale dell’impatto dell’evento.
La sostenibilità come concetto modellabile
Cosa è la sostenibilità? In un contesto come quello in cui ci troviamo qui oggi -altamente specifico- qualsiasi definizione correrebbe il rischio di essere imprecisa. A me personalmente piace quella che la Commissione Bruntland diede nel 1987 alle Nazioni Unite: “quel processo di sviluppo che soddisfa le necessità del presente senza compromettere le possibilità delle generazioni future di soddisfare le proprie”.
Immagino tutti concordiamo sul fatto che questo è un concetto tanto affascinante quanto modellabile ed efficace in diversi contesti. Da anni ormai è chiarissimo che sostenibilità non è solo ambiente, non è solo società, non è solo economia ma un paradigma in continua evoluzione che si applica a tutto ed in ogni momento. Se vogliamo, ed in altre parole, un modo virtuoso di fare le cose, qualsiasi cosa.
È più di una bottiglia di plastica riciclata, ma è anche allo stesso tempo la consapevolezza che anche quella bottiglia, se riciclata efficacemente, è utile al futuro. “Olistico” non è forse la parola adatta, ma per citare un grande scrittore, è la prima che mi viene in mente.
Applicare questo concetto alla sponsorizzazione sportiva -e alle capacità delle agenzie di accendere queste attivazioni virtuose- è il grande salto.
Il caso SIFI Performance Vision Science
Ritengo che un caso interessante di questo nuovo paradigma di sostenibilità sia rappresentato dal progetto “Performance Vision Science” di SIFI, nato in seno alla sponsorizzazione del Team LCR Honda MotoGP.
SIFI è una prestigiosa multinazionale oftalmologia del nostro Paese. Ha sede alle pendici dell’Etna, in provincia di Catania e dal 1935 ha come mission quella di migliorare la qualità di vita dei pazienti attraverso significative innovazioni nell’ere care. Ad oggi è prossima al migliaio di dipendenti e produce 50 fra prodotti e dispositivi che vengono distribuiti in più di 40 paesi del mondo.
Da sempre SIFI ha un occhio attento sia per tutto quello che è ESG sia per prestigiosi progetti di Corporate Social Responsibility: se vi capiterà di dare uno sguardo al loro sito troverete abbondante letteratura e documentazione ben redatta su tutti questi ambiti.
SIFI giunge sulle nostre scrivanie nel 2015, quando ci contattano per una consulenza sulla marketing sportivo nel motorsport. Dopo pochi mesi l’azienda firma la sua prima sponsorizzazione in MotoGP con il Team LCR Honda di Lucio Cecchinello. È un momento importante per una partnership che dura fino al giorno d’oggi.
Quello che sorprende però arriva qualche tempo dopo, quando i vertici scientifici dell’azienda iniziano a teorizzare un’importante correlazione fra la performance visiva dei piloti e la performance in pista, ed intravedono nell’allenamento oculare una possibile area di miglioramento per massimizzare la performance stessa.
In breve: in uno sport come il motociclismo l’occhio è uno strumento fondamentale. Dove frenare, come schivare un ostacolo, che angolazione dare ad una piega sono decisioni fondamentali che passano dalla vista e che a simili velocità devono essere rapidissime. È intuitivo, parrebbe, ma quello che succede in un battito di palpebre a 360 chilometri all’ora fa la differenza fra vincere e -probabilmente- andare a sbattere. Anzi, proprio il “blinking rate”, ovvero la frequenza con cui sbattiamo le palpebre diventa un oggetto di ricerca per gli scienziati di SIFI, che iniziano ad ipotizzare che il talento possa passare anche dagli occhi.
Nasce così il progetto Driving Vision Science, poi ribattezzato Performance Vision Science, con cui SIFI conduce misurazioni scientifiche all’avanguardia sui piloti di MotoGP in condizioni di stress, quindi di gara, e di riposo. Strumentazione, professionisti e documentazione vengono spediti sulle piste del Mondiale per prendere traccia, sessione dopo sessione, di come l’occhio di un professionista della velocità vede, reagisce, si stanca, si adatta.
I risultati della ricerca sono di straordinario interesse. In un mondo in cui tutto è estremo ed in cui ogni parte dell’allenamento, del condizionamento, dei materiali e delle tecnologie sono all’avanguardia più totale, nessuno ha mai pensato che nella vista dei piloti stesse così tanta ricchezza da scoprire.
Scrive l’azienda stessa in apertura di un paper dedicato al Performance Vision Science: “Abbiamo studiato i sintomi della superficie oculare, l’acuità visiva, la sensibilità al contrasto e gli intervalli di ammiccamento nei piloti della MotoGP in pista e fuori. Abbiamo ottenuto immagini del segmento anteriore e abbiamo misurato, ad esempio, anche l’osmolarità del film lacrimale. Nel corso del tempo, abbiamo deciso di espandere la raccolta di dati scientifici a uno spettro più ampio dell’occhio, come la retina, la pressione oculare e altri parametri fondamentali, grazie a strumentazioni tecnologiche all’avanguardia e all’aiuto dei maggiori esperti mondiali di oftalmologia e salute degli occhi.”
Attenzione: l’obiettivo non è quello di fare andare più veloce i piloti del Mondiale, ma carpire informazioni preziose su come l’occhio reagisce e cambia in condizioni estreme e di straordinario stress per poi riversare queste conoscenze sulla vita e sul lavoro di tutti i giorni. Facciamo un esempio: che accade agli occhi affaticati di un autotrasportatore dopo lunghe e faticose ore di guida quando qualcosa gli passa davanti all’improvviso? E ancora che succede al chirurgo che deve operare con grande precisione sotto pressione tutti i giorni?
Come rientra in un discorso sulla sostenibilità questo progetto? Lo spiega ancora una volta l’azienda stessa, che dice -e cito- “Siamo orgogliosi di poter continuare in questa direzione, con l’obiettivo sempre presente di condividere eticamente questi dati e queste informazioni elaborate con i nostri stakeholder e il nostro pubblico.”
Healthcare sostenibile e il futuro che ci aspetta
Cosa è l’healthcare sostenibile? Stando alla più recente letteratura e ad una bella definizione dell’OMS è “healthcare that delivers high quality care in an affordable way”, ovvero un sistema sanitario capace di offrire un’altissima qualità a costi contenuti.
Driving Vision Science e Performance Vision Science sono proprio questo: una piattaforma di ricerca di altissima qualità a costi estremamente contenuti, i cui benefici vengono già trasmessi e condivisi con la comunità scientifica mondiale.
I costi sono contenuti perchè il progetto è generato da un intelligente uso dei benefit di marketing già compreso nel contratto di sponsorizzazione fra SIFI e il Team Honda LCR MotoGP. La qualità della ricerca altissima perchè condotta su tester di comprovata eccellenza.
Il progetto Driving Vision Science è una goccia nel mare magnum della sostenibilità, ma è un progetto che sta portando risultati concreti e di straordinario valore scientifico. Soprattutto è la prova provata che la sostenibilità è un sistema tridimensionale e olistico che si estrinseca in tantissime forme, che possiamo riassumere in “cose fatte bene sia per oggi che per domani”.
La sponsorizzazione è uno strumento in costante ascesa. Si calcola che nel 2023 il mercato globale della sponsorship valesse 55,1 Miliardi di dollari: un numero che dovrebbe raggiungere i 127 Miliardi nel 2032. È indispensabile che lo sport e la sponsorizzazione divengano veicolo di una sostenibilità comprensibile, attuabile, creativa, quotidiana. Se lo sport è uno dei più potenti veicoli del nostro tempo, ecco che deve possedere l’onere e l’onore di portare avanti temi così preziosi.
Alle agenzie sta il compito di capire come e di progettare, disegnare, ideare attivazioni e sviluppi che sappiano chiudere il triangolo fra spettatori, brand e sport properties mettendo la sostenibilità al centro senza intaccare l’efficacia e l’autenticità dello strumento.
C’è ancora tantissimo lavoro da fare in questo senso. La stragrande maggioranza dei progetti che vediamo, anche nelle massime serie del motorsport, sono ancora ferme all’applicazione di un adesivo nella speranza che in qualche modo, in qualche momento, succeda il miracolo. La cultura dell’attivazione e dell’efficace sfruttamento dei benefit di marketing è quello che contribuirà ad una crescita e al posizionamento dell’industria del marketing sportivo e alla crescita di tanti brand, che speriamo possano divenire un giorno supereroi.
La nostra fortuna è quella di potere affrontare oggi questa sfida facendo un mestiere bellissimo ed emozionante, che ci dà il privilegio di confrontarci quotidianamente con il meglio dello sport mondiale.